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17/07/2024

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Candeago (BDO): Industria 5.0 e transizione digitale grandi opportunità per le imprese italiane

Nonostante l'incertezza sul quadro normativo e le preoccupazioni per le PMI, possiamo puntare sulla competitività

Thomas Candeago, Head of tax incentives & granting di BDO Italia



Qual è la percezione attuale delle aziende riguardo agli investimenti, in particolare in relazione all'Industria 5.0?


Al momento, le aziende stanno cercando di comprendere il quadro normativo, che rappresenta una sfida significativa. La norma sull'Industria 5.0 è stata introdotta per l'anno fiscale 2024, ma essendo a metà dell'anno, molte aziende hanno temporaneamente sospeso gli investimenti. C'è molta attesa sia da parte degli investitori che dei fornitori per capire come configurare questi investimenti, sia dal punto di vista del contenuto che da quello formale, considerando i vari aspetti burocratici che nel nostro sistema fiscale possono fare la differenza.

Quindi c'è interesse a investire, ma manca ancora chiarezza?


Esattamente. C'è un forte desiderio di investire, ma non c'è ancora una piena comprensione del quadro normativo e delle sue finalità. Il mercato è in attesa, probabilmente si sbloccherà a luglio.

Nel frattempo, molte aziende si stanno comunque attrezzando, ad esempio implementando sensori e altre tecnologie, in previsione di futuri sviluppi.

Come si sta evolvendo la transizione digitale nelle aziende italiane?


La transizione digitale è al centro dell'Industria 5.0, che evolve dal concetto di Industria 4.0 aggiungendo una maggiore attenzione all'efficienza energetica. Le aziende stanno affrontando un percorso di trasformazione digitale che coinvolge sia il settore manifatturiero che quello dei servizi. L'obiettivo è digitalizzare e centralizzare il controllo dei processi industriali per aumentare l'efficienza, gestire volumi maggiori e concentrare le risorse umane su attività a maggior valore aggiunto.

Quali sfide competitive affrontano le aziende italiane e come può aiutare la trasformazione digitale?


Le aziende italiane, come quelle del Sud Europa in generale, affrontano una sfida di competitività. La trasformazione digitale è fondamentale per migliorare l'efficienza e il controllo dei processi, sia a livello industriale che terziario.

Questo permette di elevare la qualità e di posizionarsi in nicchie di mercato dove è possibile ottenere un premium price. È essenziale che il sistema europeo, in particolare quello del Sud Europa, si concentri su prodotti e servizi di alta gamma con un elevato valore aggiunto, sfruttando l'intelligenza artificiale e l'automazione dei processi.

Quale impatto avrà l'intelligenza artificiale sulle piccole e medie imprese?


L'intelligenza artificiale sta crescendo rapidamente, con previsioni di triplicare il suo valore nel 2024. Mentre le grandi aziende sono ben posizionate per sfruttare questa tecnologia, le piccole imprese rischiano di diventare obiettivi di acquisizione. Prevedo intense campagne di fusioni e acquisizioni, poiché abbiamo molte eccellenze tra le medie e micro imprese che potrebbero essere appetibili per soggetti più grandi. Il rischio è perdere decenni di esperienza se queste realtà non riescono a adattarsi o a trovare partner strategici.

Come si sta evolvendo la situazione per quanto riguarda la transizione verde?


La transizione verde presenta sfide significative, soprattutto per le piccole e medie imprese.

Mentre a livello istituzionale si spinge per ridurre i consumi e migliorare l'efficienza, molte imprese faticano a trovare le risorse per investire. Il problema è che per risparmiare domani bisogna investire oggi, e in un contesto di costi crescenti e accesso al credito limitato, questo diventa complicato. Gli incentivi fiscali dell'Industria 5.0 possono essere una soluzione, ma non sono accessibili a tutte le imprese, soprattutto quelle più piccole.

Quindi c'è un problema di greenwashing e di reale implementazione delle pratiche sostenibili?


C'è molto greenwashing e anche diffusa ignoranza. Non basta installare un impianto fotovoltaico per essere "green". È necessario un approccio più profondo, che includa l'analisi dei processi per identificare le inefficienze e adottare comportamenti virtuosi. Spesso, semplici azioni come spegnere macchinari o impianti quando non sono in uso possono portare a risparmi significativi, del 20-30% su base annua.

Qual è il ruolo della formazione e della cultura aziendale in questo processo?


La formazione e la cultura aziendale sono fondamentali.


Bisogna creare consapevolezza e stimolare l'efficienza energetica, partendo dalle aziende che consumano di più e hanno maggiore capacità di spesa. È giusto che gli incentivi si concentrino inizialmente su chi può spendere e ha una massa critica di consumi, ma è importante creare una coscienza diffusa sull'importanza dell'efficienza energetica.

Quali sono le prospettive per il futuro del tessuto imprenditoriale italiano?


Il futuro presenta sfide e opportunità. Da un lato, c'è il rischio di perdere alcune microimprese che non riescono ad adattarsi. Dall'altro, c'è la possibilità di vedere emergere nuovi modelli di business, magari con la centralizzazione di alcune funzioni gestionali per mantenere viva l'operatività delle eccellenze nelle varie filiere. Il modello italiano, basato su piccole realtà di alta qualità, è una peculiarità che potrebbe diventare un punto di forza se gestito correttamente. La sfida sarà trovare il giusto equilibrio tra innovazionesostenibilità e preservazione del know-how tradizionale.



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