Nierling (Porsche Consulting): il ritardo PNRR non è il vero problema per l'Italia
La struttura del Paese ha le capacità per recuperare il ritardo, ma la vera sfida è sfruttare appieno il potenziale
I fondi del PNRR sono sempre al centro dell'attenzione, anche se non sempre al centro della discussione in Italia. Le aziende e le istituzioni si stanno muovendo per riuscire a trarre il maggior beneficio possibile. Abbiamo incontrato Josef Nierling, CEO dell'ufficio Italiano di Porsche Consulting dal 2014, a corollario del Festival dell'economia di Trento, per avere la sua opinione su quanto sta avvenendo nella società e nella realtà economica reale.
Qual è la sua visione in questo momento su quanto il Paese sta facendo con il PNRR?
Al Festival abbiamo posto l'accento sull'importanza di utilizzare nuove tecnologie per accelerare la progettazione e la realizzazione delle infrastrutture previste dal PNRR, puntando sull'industrializzazione dei processi. Oggi abbiamo la possibilità di produrre infrastrutture come edifici scolastici in modo industrializzato, adottando un'architettura modulare che riduce significativamente sia i costi che i tempi di realizzazione. Questo è un aspetto cruciale considerando l'urgenza di completare le opere entro il 2026.
Si discute sulla possibilità di una proroga, ma personalmente ritengo che la rapidità di esecuzione sia fondamentale per massimizzare l'impatto del PNRR come investimento per la crescita. Completare le opere rapidamente significa creare un volano per la produttività, evitando che la spesa si trasformi in mera gestione corrente. Dobbiamo puntare a una trasformazione radicale delle infrastrutture entro il 2026, gettando basi solide per un futuro di crescita accelerata.
Siamo passati dalla fase di progettazione a quella di realizzazione. Molti osservano un ritardo da parte dell'Italia in questa fase. Qual è la sua opinione a riguardo?
L'arrivo di oltre la metà dei finanziamenti testimonia che la realizzazione delle opere è in corso. La vera sfida sarà proprio valutare l'impatto del PNRR dopo il 2026. Non sono particolarmente preoccupato per il ritardo attuale. Gli italiani hanno dimostrato in passato di essere capaci di accelerare quando necessario, come nel caso del Ponte Morandi, un esempio di rapidità ed efficienza a livello internazionale.
Al contrario, Paesi come la Germania, noti per la loro efficienza, incontrano difficoltà e lungaggini burocratiche nella realizzazione di infrastrutture. La tecnologia, in particolare l'intelligenza artificiale, può aiutarci a snellire la burocrazia e a velocizzare i processi di analisi e reportistica. In sintesi, sono fiducioso nella capacità dell'Italia di recuperare il ritardo. La vera sfida sarà sfruttare appieno il potenziale del PNRR per generare crescita e produttività a lungo termine.
Per raggiungere questo obiettivo, la collaborazione tra settore pubblico e privato è fondamentale. Ma spesso assistiamo a blocchi e ritardi causati da una burocrazia farraginosa e da una mancanza di visione condivisa. Come si può intervenire per cambiare questo stato di cose?
È fondamentale adottare una visione comune e una strategia coordinata. Rispetto al passato, oggi sia l'Europa che l'Italia stanno assumendo un ruolo più attivo nell'orientare l'economia e la politica industriale, supportando le imprese e i territori nella creazione di un ecosistema favorevole alla crescita e all'occupazione.
Ne è un esempio l'investimento nel settore dei semiconduttori a Catania, reso possibile dal Chips Act Europeo. Mi aspetto un'iniziativa simile anche per l'intelligenza artificiale, un settore strategico per il futuro. Queste azioni congiunte tra pubblico e privato sono fondamentali per sviluppare competenze e capacità di gestione di progetti complessi. Una delle principali difficoltà nell'attuazione del PNRR è proprio la mancanza di competenze tecniche specifiche all'interno della pubblica amministrazione. Al contrario, le aziende con una solida struttura interna, come Ferrovie Italiane, sono state in grado di accedere ai fondi e avviare i progetti in modo più rapido ed efficiente. La collaborazione tra pubblico e privato è la chiave per colmare questo divario di competenze e per costruire un futuro più solido e competitivo.
Si parla molto di ESG, ma la componente G (Governance) sembra essere ancora un punto debole in Italia. Cosa ne pensa?
La Governance è un pilastro fondamentale, ma spesso viene trascurata. In Italia manca una comunicazione chiara e univoca sulla direzione intrapresa in termini di sostenibilità.
Questo genera incertezza e rende più difficile l'implementazione di strategie efficaci. Mi auguro che, superata la fase elettorale, si possa tornare a una maggiore coerenza e a una leadership più forte e determinata, sia a livello nazionale che europeo. Il change management, essenziale per una transizione di successo verso un modello sostenibile, si basa su una comunicazione trasparente e su una leadership autorevole e capace di guidare il cambiamento. L'Italia ha un enorme potenziale nel campo della sostenibilità ambientale, come dimostra il crescente interesse per le energie rinnovabili e la mobilità elettrica. Per cogliere appieno queste opportunità, dobbiamo evitare di chiuderci in noi stessi, ma aprirci al mercato globale, promuovendo l'innovazione e la competitività. Dobbiamo investire nelle nostre eccellenze e puntare su una crescita inclusiva e sostenibile, che metta al centro le persone e il pianeta.