Piva (Osservatorio AI Politecnico): l'intelligenza artificiale in Italia vale già 760 milioni di euro
Sei grandi imprese italiane su dieci hanno già avviato un qualche progetto di Intelligenza Artificiale
L'intelligenza artificiale sembra una tempesta perfetta nel mondo della trasformazione digitale: tutti ne parlano, si è già compreso che non è una moda, ma in realtà bisogna capire quanto le aziende la stanno utilizzando realmente. Abbiamo intervistato Alessandro Piva, Direttore dell'Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano perché è stata appena presentata una ricerca che riguarda proprio l'uso dell'AI nelle aziende italiane.
L'intelligenza artificiale sta davvero crescendo nel nostro Paese?
Stiamo vivendo un'accelerazione incredibile, soprattutto nell'ultimo anno. L'intelligenza artificiale, con l'avvento della generative AI, è diventata un tema di discussione diffuso a livello globale. Ma il 90% del mercato dell'Intelligenza Artificiale in Italia è dovuto alle grandi imprese. Il resto è suddiviso in modo equilibrato tra PMI e Pubblica Amministrazione.
Quali settori sono stati colpiti in modo più sorprendente da questa accelerazione?
Sorprendentemente, settori come media, giornalismo, e design, che pensavamo fossero meno influenzati, stanno subendo un cambiamento importante.
L'accelerazione continua, coinvolgendo anche creatività, intuizione, e professioni avanzate. Due organizzazioni su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale). L'avvento della Generative AI non sembra tuttavia essere una via per ridurre il gap nell'adozione dell'Intelligenza Artificiale tra le grandi organizzazioni, chi è indietro nel percorso di adozione dell'AI, infatti, non riesce a trarre beneficio delle opportunità della generative AI (nel 77% dei casi).
Qual è il driver principale di questa rapida adozione dell'intelligenza artificiale?
I driver sono molteplici, dall'efficienza dei processi all'innovazione del modello di business. Settori come la sanità, la Ricerca e Sviluppo, stanno sperimentando cambiamenti significativi, portando vantaggi alla collettività.
Le grandi aziende sembrano essere più avanti nell'adozione dell'IA rispetto alle PMI. Qual è il motivo di questa discrepanza?
Le grandi aziende hanno maggiori risorse e competenze specialistiche.
Tuttavia, l'accelerazione dell'AI crea un divario ancora più ampio tra chi già sperimenta e chi è in difficoltà. Le PMI devono affrontare la sfida di rimanere agganciate. Nel 2023 il mercato italiano dell'Intelligenza Artificiale cresce in maniera significativa segnando un +52%, raggiungendo il valore di 760 milioni di euro, in accelerazione rispetto al +32% registrato nell'anno precedente. La gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali, mentre i progetti di Generative AI pesano solo per il 5%, sebbene vi sia però un grande interesse
Quale potrebbe essere il ruolo delle PMI nell'era dell'AI?
Le PMI possono beneficiare se integrano strumenti di automazione nei processi quotidiani. Tuttavia, la digitalizzazione è fondamentale. Chi non l'ha fatto rimane indietro, ma la sfida è diffusa anche tra le grandi imprese.
Qual è la fotografia attuale dell'adozione dell'AI nel contesto aziendale?
Solo una su dieci è in uno stato avanzato.
Il divario tra aziende avanzate e indietro si amplifica, ma chi è più veloce ad adottare certi percorsi gode di vantaggi notevoli. L'Osservatorio ha analizzato la maturità delle grandi organizzazioni nel percorso di adozione dell'AI, arrivando ad individuare cinque diversi profili. L'11% è avanguardista (in crescita di 2 punti percentuali rispetto all'anno scorso), aziende che hanno raggiunto la piena maturità a livello tecnologico, organizzativo e gestionale nell'adozione di soluzioni di intelligenza artificiale. Il 23% è apprendista, hanno diversi progetti avviati ma difficilmente impiegano metodologie strutturate nel gestirli e tendono a far ricorso a soluzioni standard o pronte all'uso. Nel restante 66% dei casi, permangono situazioni eterogenee: ci sono organizzazioni in cammino (29%), dotate degli elementi abilitanti ma con pochi progetti, e aziende che non percepiscono il tema come rilevante e non dispongono di un'infrastruttura IT adeguata alla gestione di grandi quantità di dati.
Cosa rende difficile colmare questo divario?
La digitalizzazione è cruciale. La conoscenza dei processi, dati di qualità, e una cultura aziendale orientata al digitale sono prerequisiti.
Chi non ha svolto questo percorso rimane indietro. Il dato è sempre stato fondamentale, ma diventa ancora più cruciale con l'IA. La sfida sta nella trasformazione del dato in strategia e nell'implementazione concreta sul campo.
Come valuta la reazione del sistema Paese all'adozione dell'AI?
Le inerzie e la lentezza sono comuni in molti paesi, ma l'attenzione all'IA è alta poiché è percepita vicina al conto economico. Le aziende sono attente ai benefici economici e riduzione dei costi.