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18/01/2023

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2023: sarà l'anno della recessione?

Sono molti i temi che il nuovo anno dovrà affrontare: dalle mosse delle banche centrali all'inflazione, dalle tensioni geopolitiche ai nuovi assetti delle economie, alle prese con problemi vecchi e nuovi

Se quello appena chiuso è stato, per i mercati finanziari, un anno di eccezionale complessità, il 2023 si apre all'insegna di un concetto-chiave che potrebbe accompagnarci per diversi mesi a venire: quello di moderazione.
La ricerca di equilibrio sarà un fattore fondamentale.
A livello macro le attese di tutti gli esperti restano quelle di un rallentamento della crescita globale e dell'inflazione ma in alcune regioni - come l'Europa - questo processo sembra preannunciarsi meno rapido e lineare. Le Banche centrali sembrano decise a non rinunciare alla linea "hawkish" prima di aver colto successi significativi nella lotta all'inflazione.
A questo bisogna aggiungere il conflitto in Ucraina e i venti di guerra dalle parti di Taiwan, che restano due fattori di destabilizzazione.
L'agilità richiesta per navigare i mercati nel 2022 si confermerà importante nel 2023 poiché l'economia globale si muove su una linea sottile tra la recessione delle economie avanzate e il consolidamento della ripresa per quelle emergenti.

Nel complesso i cambiamenti di paradigma in corso richiederanno agli investitori la ricerca di un equilibrio tra nuove opportunità e rischi correlati al processo di transizione dell'economia globale. Vediamo alcuni dei macro-temi che ci aspettano quest'anno.

Crescita e recessione


Secondo l'outlook di UBP, "la fase di crescita del ciclo si è interrotta bruscamente a causa delle politiche monetarie restrittive adottate per combattere la persistente inflazione e della crisi energetica che attanaglia le economie insieme all'acuirsi dei rischi geopolitici indotti dalla guerra tra Russia e Ucraina. Nel 2023 si attende una debole crescita dell'economia globale compresa tra il 2 e il 2,5% dopo il 3% del 2022 con le economie sviluppate sull'orlo della recessione, mentre si dovrebbe confermare la ripresa in Asia ed è probabile che la Cina superi gli ostacoli emersi nel 2022".
La domanda più frequente è "quando arriverà la recessione?". La risposta non è semplice, poiché lo scorso anno, nonostante la visione pessimista degli operatori, non abbiamo assistito a un diffuso peggioramento dell'economia, anzi i dati effettivi su consumi, mercato del lavoro, scorte, tasso di disoccupazione, immatricolazioni di automobili e affari immobiliari sono stati marginalmente positivi negli Stati Uniti e addirittura superiori alla media in Europa continentale.

Questo non significa che non potrà verificarsi una recessione nel corso del 2023. Per Roberto Rossignoli, Portfolio Manager di Moneyfarm, "la buona notizia è che l'aspettativa di una contrazione dell'economia è già stata prezzata dai mercati, almeno in parte: prezzi e valutazioni azionarie sono infatti calati significativamente nel corso dell'anno, nonostante le società quotate siano riuscite a mantenere gli utili stabili. Ancora una volta, quindi, sembra esserci una discrepanza tra realtà e percezione. Lo scenario di una recessione non è mai stato tanto atteso come per il prossimo anno, con una probabilità stimata all'80% nell'Eurozona e al 65% negli Stati Uniti".
Secondo William Davis, Global Chief Investment Officer di Columbia Threadneedle Investments, "molti di questi sviluppi macro potrebbero proseguire anche nel 2023, ma negli Stati Uniti in particolare non ci attendiamo che causino necessariamente una profonda e duratura recessione; inoltre, in assenza di un netto aggravarsi della situazione, la fiducia degli investitori e le condizioni del mercato potrebbero migliorare. Crediamo, invece, che in Europa la recessione sarà più profonda rispetto agli USA".



Inflazione


L'aspettativa generale è che i prezzi tenderanno a normalizzarsi. Il rallentamento dell'attività economica inizierà probabilmente a influenzare il mercato del lavoro, che a sua volta avrà un impatto sui salari. Inoltre, il rialzo dei tassi e la politica monetaria cominciano a manifestare i loro effetti. Il consenso è che l'inflazione abbia già raggiunto il picco negli Stati Uniti e sia vicina a raggiungerlo anche in Europa, dove l'ultima rilevazione di dicembre ha visto un lieve calo.
Certo, il prezzo per domare l'inflazione sarà un rallentamento della crescita economica globale e un aumento della disoccupazione. L'esempio più eclatante sono i circa 85.000 licenziamenti da parte delle aziende tecnologiche statunitensi (secondo il sito web Crunchbase) ci hanno dato un'idea del dolore che verrà. A questi vanno poi aggiunti i tagli annunciati da Amazon in questi giorni.
"Negli ultimi mesi le banche centrali delle economie avanzate hanno aumentato rapidamente i tassi di interesse con l'obiettivo di raffreddare la domanda e contenere l'aumento dei prezzi", afferma Keith Wade, Chief Economist & Strategist, Schroders.


Questo porterà ad una discesa dell'inflazione, ma con serie ripercussioni di carattere sociale.

Tensioni geopolitiche


Le tensioni globali tra Stati Uniti, Cina, Russia ed Europa domineranno gli eventi politici ed economici dei prossimi anni. "Il mondo sarà un posto diverso da quello che è stato negli ultimi cinque-dieci anni", ha affermato Björn Jesch, Global CIO di DWS. "La popolazione dei Paesi sviluppati si sta riducendo, la lotta al cambiamento climatico richiederà enormi investimenti e l'Europa dovrà aprire nuove strade nell'approvvigionamento energetico. La tendenza a rendere più resilienti le catene di approvvigionamento e a ridurre la forte dipendenza dai singoli paesi è comprensibile e anche necessaria alla luce delle crisi, ma riduce l'efficienza e quindi porta a un aumento dei costi di produzione, indebolendo il lato dell'offerta dell'economia. Il principale fattore di rischio geopolitico è attualmente la Russia. L'economia dell'eurozona sta soffrendo particolarmente per le conseguenze della guerra di aggressione russa all'Ucraina. Tuttavia, finora ha retto sorprendentemente bene, con una crescita del 3,2% nonostante le sanzioni".




Tassi di interesse e Banche centrali


"In termini di aumenti dei tassi, riteniamo che la Banca centrale europea (BCE) abbia più strada da percorrere rispetto alla Fed", afferma Davies. "La BCE ha cominciato a inasprire la propria politica nel luglio 2022 e, sebbene sia improbabile che porti i tassi ai livelli degli Stati Uniti, potrebbe continuare a effettuare rialzi per un periodo più lungo. In Europa, la situazione dell'inflazione è anche meno chiara a causa della guerra e della dipendenza della regione dalle importazioni, in particolare di energia. Su questo aspetto, gli Stati Uniti sono infatti decisamente più autosufficienti e sebbene l'Europa si sia data da fare per incrementare le scorte energetiche un inverno particolarmente rigido potrebbe imporre razionamenti e contribuire al rallentamento economico. Intanto nel Regno Unito permangono le incognite circa il futuro andamento dei tassi d'interesse dato l'avvicendamento al governo e l'inversione di rotta della politica economica.
Non ci aspettiamo che i tassi d'interesse globali scendano nel 2023, ma la fine delle incertezze circa il picco a cui arriveranno potrebbe fungere da catalizzatore positivo
".



"Prevediamo ulteriori rialzi dei tassi di interesse poiché le autorità monetarie cercano di riportare l'inflazione sotto controllo", afferma Stefan Hofrichter, CFA, Head of Global Economics & Strategy di Allianz GI. "Con ogni probabilità, per riequilibrare l'economia occorrerà un tasso sui federal funds ben superiore al livello "neutrale", il livello teorico a cui la politica monetaria non è né accomodante né restrittiva. In base alle nostre stime di un tasso neutrale prossimo al 4%, ci attendiamo un tasso target pari o superiore al 5% per un periodo di tempo più lungo di quanto sinora prospettato dal mercato. Ci aspettiamo inoltre che altre importanti banche centrali alzeranno i tassi di interesse più di quanto atteso dai mercati.
Potremmo assistere ad un calo dei tassi di inflazione a/a nel corso del 2023, ascrivibile almeno in parte agli effetti base, data la progressiva flessione dei prezzi dell'energia. Ma verosimilmente questo non sarà abbastanza per indurre le autorità monetarie ad arrestare l'inasprimento. Le pressioni inflazionistiche sottostanti non verranno meno nel prossimo futuro. E che dire delle interazioni tra l'inflazione e il contesto recessivo ormai prossimo? Non possiamo escludere uno scenario in cui le banche centrali interrompono l'inasprimento in caso di inizio di una recessione economica.


In ogni caso, viste le recenti dichiarazioni delle autorità monetarie, secondo noi una simile eventualità rappresenta un rischio e non lo scenario di base. Con ogni probabilità a eventuali stimoli fiscali erogati dai governi per alleviare l'impatto della recessione farà da contraltare un ulteriore inasprimento monetario".
Negli ultimi 15 anni le banche centrali hanno accumulato grandi quantità di titoli di Stato attraverso i programmi di quantitative easing (QE) per iniettare denaro nel sistema finanziario e sostenere le economie. Questi titoli vengono ora gradualmente rivenduti sul mercato nel processo di "quantitative tightening " o QT. Ciò aumenterà ulteriormente i costi di finanziamento per le famiglie e le imprese e per i Paesi che si sono affidati al QE per finanziare i loro deficit. Questi Paesi fanno ora affidamento sugli investitori obbligazionari esteri per colmare i vuoti di finanziamento lasciati dal QT.


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