La transizione o sarà giusta oppure non potrà esserci
Coline Pavot (LFDE): la transizione giusta non può essere ridotta a un sostegno sociale ma va intesa come una strategia di transizione della società in tutte le sue dimensioni
L'autunno si preannuncia caldo! Sul fronte climatico, dopo un'estate scandita da ondate di calore e con la prospettiva di un inverno senza gas russo...
ma anche di fronte al crescente malcontento sociale, in un contesto di inflazione e di perdita di potere d'acquisto.
Questi due argomenti potrebbero sembrare decorrelati ma, come riportato nella seconda parte del rapporto IPCC, la giustizia sociale ha un ruolo fondamentale da svolgere nell'adattamento ai cambiamenti climatici.

Si chiama transizione giusta
Non tutti sulla stessa barca
"Il privilegio dei grandi è vedere le catastrofi da una terrazza", scriveva Giraudoux.
In effetti, non tutti siamo sulla stessa barca di fronte agli impatti del cambiamento climatico.
Il 10% dei più ricchi a livello mondiale ha generato negli ultimi anni il 52% delle emissioni cumulate di CO2, ma sono le popolazioni più vulnerabili a pagare il prezzo più alto del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità .
Secondo l'IPCC tra i 3,3 e i 3,6 miliardi di persone vivono in contesti altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici.
Perché? I poveri hanno il doppio delle probabilità di vivere in alloggi fragili, meno isolati, lavorano nei settori maggiormente esposti, come l'agricoltura, e non hanno accesso agli aiuti familiari e pubblici di cui possono disporre i più abbienti.