Staremo a vedere, intanto rileviamo che la situazione si fa nuovamente complessa per le attività produttive: complessa perché dominata dall'incertezza che, com'è noto, tipicamente blocca le decisioni di investimento o le rallenta.
Perché l'incertezza rende impossibile fare ipotesi sul futuro, e questa eventualità è nemica della proattività.
Il montante dei prestiti garantiti
Ma qual è stato l'effetto del Temporary Framework? Dirompente.
Secondo l'ultimo aggiornamento della task force di Banca d'Italia al primo giugno erano saliti a oltre 248,3 miliardi le richieste di garanzia per i nuovi finanziamenti bancari per micro, piccole e medie imprese presentati al Fondo di Garanzia.
Sono 2.722.049 le richieste di garanzie pervenute al Fondo nel periodo dal 17 marzo 2020 al 31 maggio 2022: di queste, 1.184.890 sono riferite a finanziamenti fino a 30mila euro per un importo finanziato di circa 23,1 miliardi di euro che, secondo quanto previsto dalla norma, possono essere erogati senza attendere l'esito definitivo dell'istruttoria.
Attraverso Garanzia Italia di SACE invece i volumi dei prestiti garantiti hanno raggiunto i 35,6 miliardi di euro, su 5.521 richieste ricevute.
Circa 10,3 miliardi di euro del totale riguardano diciotto operazioni garantite attraverso la procedura ordinaria prevista dal Decreto Liquidità, relativa ai finanziamenti in favore di imprese di grandi dimensioni, con oltre 5000 dipendenti in Italia o con un valore del fatturato superiore agli 1,5 miliardi di euro.
Crescono inoltre a 25,3 miliardi di euro i volumi complessivi dei prestiti garantiti in procedura semplificata, a fronte di 5.503 richieste di Garanzia gestite ed emesse tutte entro 48 ore dalla ricezione attraverso la piattaforma digitale dedicata a cui sono accreditate oltre 250 banche, istituti finanziari e società di factoring e leasing.
Insomma, i prestiti garantiti hanno pesato per circa 300 miliardi di euro, quasi la metà dello stock complessivo di prestiti alle imprese che ammontava a 660 miliardi di euro ad aprile 2022 (Fonte: Banca d'Italia, Statistiche, Tavola 1.8).
Torna il credit crunch?
Oggi questa cornice normativa cessa e, lo abbiamo accennato più sopra, tornano a pieno regime le regole di Basilea, che erano state sospese tra il 2020 e il 2021 e che impongono alle banche di accantonare capitale a fronte di ogni prestito e in misura via via maggiore in base al rischio di quest'ultimo.
Regole che sono state pensate dopo la crisi finanziaria del 2008 che promanava da erogazioni troppo facili soprattutto in Usa e che però hanno avuto come ovvio effetto collaterale quello di ridurre le erogazioni alle imprese negli anni.
Basilea non è l'unico problema, ma a ben vedere solo una componente del costo che le banche devono sostenere per erogare prestiti.
In realtà è il modello di business bancario tradizionale che non consente di fare finanziamenti in maniera redditizia: le ragioni sono note.
E vanno dai costi di gestione delle reti commerciali, alla scarsa digitalizzazione di prodotti e processi, a metodi di valutazione che non sfruttano le tecnologie più avanzate, a tempi lunghi per l'elaborazione delle pratiche.
Rispetto al 2008 oggi però lo scenario è mutato perché banche e fintech hanno consolidato il proprio rapporto di collaborazione. Le fintech, che si avvantaggiano di un processo nativamente digitale che ha costi inferiori e affidabilità elevata, "operano come facilitatori che mettono in contatto chi domanda finanziamenti con gli investitori (individuali o istituzionali) che intendono concederli", così Bankitalia in un report recentissimo che fa il punto sul settore.
E continua "un elemento collegato all'espansione del mondo delle piattaforme riguarda, più in generale, i rapporti tra gli operatori Fintech e gli intermediari finanziari tradizionali".
Il fintech non ha impatti dalla fine delle garanzie
Non è un caso che nel 2020-2021, complice il boom della digitalizzazione (spinta dal distanziamento) il fintech sia cresciuto esponenzialmente: da un lato le aziende si sono avvicinate a questa nuova opportunità e, forzate dall'emergenza, hanno abbandonato i pregiudizi e hanno imparato a conoscere e ad apprezzare i marketplace dei business lending, dall'altro le stesse banche tradizionali, ma gli altri intermediari finanziari e le corporate, hanno sempre più guardato con attenzione al settore e stretto collaborazioni sempre più forti con questi operatori che sono appunto degli abilitatori tecnologici e di servizio per loro.
Così è aumentato l'erogato: nel caso di Opyn è ammontato a mezzo miliardo di euro nel 2021.
E il fintech si è evoluto, grazie alla sua capacità di evolvere rapidamente e adattarsi alle nuove domande di mercato. Opyn ha stilato una serie di accordi con diversi istituti finanziari e raccolto un ammontare in cartolarizzazioni di 600 milioni di euro nel biennio 2020-2021.
La motivazione di questi accordi era quella di veicolare rapidamente i crediti garantiti e di farlo in maniera più efficiente, grazie alla capacità di adattamento delle fintech al cambiamento regolamentare e congiunturale.
Una motivazione che la fine delle garanzie potenziate non fa venire meno: le imprese, proprio per l'incertezza in cui sono costrette a vivere, hanno bisogno di finanziamenti veloci ed efficienti e non a caso le richieste al fintech sono in costante aumento.
Insomma, la macchina delle fintech, che ha accelerato anche grazie al Covid, continuerà a marciare, in quanto le modifiche delle garanzie speciali non impatteranno sui servizi offerti e la domanda da parte delle imprese di finanziamenti veloci e digitali è ancora tutt'altro che esaurita.
Andrea De Luca, Area Manager Sud Italia di Opyn
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