L'inflazione resta elevata: le banche centrali possono ancora contrastarla?
Bert Flossbach (Flossbach von Storch): ad agosto ci lasceremo probabilmente alle spalle i tassi di deposito negativi, ma è improbabile ciò abbia un impatto significativo sull'inflazione. Attenzione ai titoli di stato decennali italiani
L'inflazione nella zona euro ha superato di recente l'8%.
Per molti cittadini l'aumento dei prezzi è un grosso problema.
Mantenere stabile il valore del denaro è a tutti gli effetti uno dei compiti principali di ogni banca centrale, o almeno dovrebbe esserlo.
L'inflazione si sta dimostrando più tenace rispetto a quanto previsto dalle autorità monetarie solo pochi mesi fa, il che mette in difficoltà le banche centrali.

Per contrastare l'inflazione e difendere il valore del denaro, le banche centrali devono aumentare i tassi d'interesse, ovviamente senza provocare una drastica recessione.
L'impresa è tutt'altro che semplice, perché oltre alla guerra in Ucraina e al rapido aumento dei prezzi dell'energia, a mettere a repentaglio la crescita economica sono anche le strozzature nelle catene di fornitura globali e il rallentamento dell'economia cinese.
La Federal Reserve statunitense (Fed) è molto più attiva dei colleghi nell'Eurozona, con il suo secondo rialzo dei tassi d'interesse, questa volta pari a 0,5 punti percentuali e quindi di entità doppia rispetto agli aumenti consueti, la Fed ha portato i tassi di riferimento a un intervallo compreso tra lo 0,75% e l'1,0%.
Ulteriori interventi annunciati in tal senso e una riduzione degli investimenti in obbligazioni preannunciano la fine di una politica monetaria ultra-accomodante.
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