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15/06/2022

idee

Italia: riforme chiave e fondi UE necessari per raggiungere ambiziosi obiettivi di produttività e crescita

Secondo l'agenzia di rating Scope la produttività del lavoro italiana è peggiorata negli ultimi 20 anni, rimanendo costantemente al di sotto della media dell'eurozona; il che mette in dubbio il realismo degli obiettivi di crescita media assunti a lungo termine

La crescita della produttività in Italia è diminuita dalla seconda metà degli anni '90, quando era vicina all'1%, per stagnare in media intorno allo 0% dal 2010, afferma un report di Scope Ratings.
C'è da notare che fino al 1996, la produttività era pari a quella francese e tedesca. L'entrata nell'ECU prima e nell'euro poi hanno scavato un solco che scontiamo in solo in termini di produttività, ma anche di crescita di Pil e salari. Ma torniamo al report.
"Il raggiungimento della crescita della produttività a lungo termine ipotizzata dal governo per il 2025-50 di circa l'1,4%, che è alla base delle sue proiezioni pensionistiche e sanitarie a medio-lungo termine, richiederebbe un aumento persistente della produttività tra 1,2 e 1,4 punti percentuali, in media, nei prossimi 30 anni per tutte le regioni; un livello che non si osservava dagli anni '90", afferma Alvise Lennkh-Yunus, vice capo del rating sovrano di Scope.
"Sebbene i fondi Next Generation EU (NGEU) di 192 miliardi di euro nel periodo 2021-2026 potrebbero fornire un importante impulso, insieme ai fondi strutturali e di coesione europei di circa 43 miliardi, preoccupano l'entità della sfida e l'impegno politico necessari per sostenere lo slancio delle riforme dopo le elezioni del prossimo anno", afferma Lennkh-Yunus.


I tassi di crescita della produttività dell'Italia non hanno superato l'1,0% in cinque anni dagli anni '90 e sono quindi stati in media di 0,84 punti percentuali in meno rispetto a quelli dell'eurozona negli ultimi 20 anni.
Allo stesso tempo, la produttività varia in modo significativo in tutta Italia. I livelli nazionali e regionali del Pil pro capite erano più elevati nel 1995 rispetto al 2019, con la produttività del lavoro al Nord che rimaneva la più alta, con il divario con il resto d'Italia più elevato oggi rispetto a 20 anni fa.
"Il divario nord-sud del PIL per occupato è passato da 17,5 euro nel 1995 a 20,1 euro nel 2019, mentre anche il divario centro-nord è aumentato da 5,1 euro a 8,2 euro", afferma Giulia Branz, analista di Scope. "Criticamente, questo divario in aumento non è dovuto al fatto che il nord ha migliorato i suoi livelli di produttività, ma piuttosto al calo della produttività nel resto d'Italia".
Ciò riflette le debolezze strutturali legate ai divari infrastrutturali, all'inefficienza della Pubblica Amministrazione, alle rigidità del mercato del lavoro e ai bassi investimenti in capitale umano che hanno sempre pesato maggiormente al centro sud, nonostante le riforme introdotte negli ultimi decenni.


L'attuazione del Piano nazionale di ripresa approvato dall'UE fornirà all'Italia 191,5 miliardi di euro di risorse per facilitare una ripresa più stabile, omogenea e duratura. Invertire una storia di scarsa produttività e superare le divergenze regionali è, infatti, fondamentale per il Paese per affrontare le sfide a lungo termine.
"Tuttavia, il governo non può fare affidamento solo sul piano di ripresa per rilanciare la crescita economica e la produttività del sud. L'intervento continuo del governo centrale, lo sforzo di attuazione delle riforme e l'aumento del livello degli investimenti pubblici sono fondamentali, così come l'impiego dei fondi strutturali e di coesione europei su un periodo pluriennale", conclude Alessandra Poli, analista di Scope.


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