COP27: perché si devono combattere i rifiuti di plastica
Hans Stoter (AXA IM): la Banca Mondiale prevede che i rifiuti solidi urbani del pianeta raddoppieranno entro 15 anni, individuando il maggior colpevole nella plastica monouso, tra cui bottiglie, palloncini, borse e imballaggi
Ci sono pochi dubbi sui progressi fatti alla COP26.
Molti degli impegni presi sono significativi e la promessa di un'azione politica più aggressiva è incoraggiante.
Con la riduzione del carbonio nell'agenda di molti governi, è il momento per la COP di prendere un approccio più olistico e di affrontare adeguatamente le tematiche ambientali più ampie.
Naturalmente la decarbonizzazione è fondamentale, ma dobbiamo chiederci che tipo di pianeta vogliamo salvare?
Il patto finale di Glasgow sul clima, firmato da quasi 200 paesi, accelererà il ritmo dell'azione per il clima - ai governi viene ora richiesto di produrre nuovi contributi definiti a livello nazionale (NDC) alla decarbonizzazione, con un focus sul 2030, entro la prossima COP di Sharm El-Sheikh a novembre.

Originariamente, la scadenza era il 2025.
Per la prima volta, l'accordo ha incluso un piano per ridurre l'uso dei combustibili fossili, anche se la formulazione finale è stata purtroppo annacquata dichiarando un impegno solo a "ridurre gradualmente" la produzione di energia da carbone, non a "eliminarla gradualmente".
Ci sono stati altri motivi di frustrazione, naturalmente - in particolare la mancanza di un impegno formale a raggiungere lo zero netto entro il 2050 da parte di alcuni dei maggiori emettitori mondiali - ma, a nostro avviso, c'era un problema evidente già dall'inizio.
I principali traguardi dichiarati della COP26 consistevano nell'impegnarsi in obiettivi più ambiziosi per ridurre le emissioni di gas serra entro il 2030, nel discutere misure per adattarsi agli inevitabili impatti del cambiamento climatico e nell'aumentare i finanziamenti per l'azione climatica.
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