PMI: come possono diventare veramente resilienti
Tiziana Marongiu (Credimi): innovazione, internazionalizzazione, crescita dimensionale, pianificazione consentono alle piccole aziende devono di resistere in un ambiente economico che presenta ancora molti rischi
La ripresa rischia di essere fortemente minata. Se nel 2021 il Pil italiano ha segnato un aumento del 6,6% (comunque insufficiente a recuperare il calo del 2020 pari al 9%), la previsione per il 2022, già ridimensionata da Bankitalia al 4% dal 4,4% di luglio, potrebbe essere fortemente ridimensionata (S&P Global Ratings qualche giorno fa ha rivisto le previsioni al 3,3%; l'ISTAT ha pubblicato una prima valutazione degli effetti dello shock dei prezzi energetici sul PIL nel 2022 che vedrebbe una riduzione dello 0,7%). Nonostante nel mese di febbraio la fiducia delle imprese fosse cresciuta dopo il forte calo di gennaio, il nuovo quadro internazionale rende incerte le prospettive economiche italiane. E sono soprattutto gli effetti sulle catene globali di fornitura a far temere una nuova battuta d'arresto.
E a farne le spese sono ancora una volta le microimprese, il cuore pulsante della nostra economia. Quelle oltre 4,5 milioni di realtà, con fatturato inferiore ai 10 milioni di euro, che hanno scarso potere contrattuale verso i fornitori, difficoltà a scaricare l'aumento dei costi sui clienti e in generale strutture troppo fragili per resistere alle batoste che continuano a colpirle dopo mesi dall'inizio di questa crisi.
Anche perché sul secondo semestre continuano a soffiare venti contrari: le difficoltà di approvvigionamento di metalli e semiconduttori e lo scoppio della guerra in Ucraina, che rende ancora più complessa la situazione dei costi dell'energia e non solo. Da quella parte di oriente vicino importiamo il gas da cui dipendono le imprese energivore, ma anche i cereali (il 30% dalla Russia). Ultime ma non meno importante, le previsioni di inflazione al 3,8% per il 2022 - rispetto a cui la BCE non intende intervenire almeno fino alla fine di marzo - e la conclusione del temporary framework di sostegno che arriverà a giugno, in una situazione in cui l'occupazione non è ancora piena e l'economia è in affanno. Se infatti ad oggi molte microimprese hanno reagito alla crisi grazie anche all'erogazione veloce da parte del fintech dei prestiti garantiti dallo Stato (solo noi di Credimi abbiamo ricevuto 48.000 domande di finanziamento) oggi però la situazione richiede che queste imprese inizino ad usare anche altri strumenti per reagire.
Insomma, ci sono elementi di rischio pesanti ma c'è soprattutto ancora moltissima incertezza, che è l'elemento paralizzante di ogni attività di impresa, ciò che blocca piani industriali e soprattutto investimenti che hanno bisogno, per essere intrapresi, di visibilità.
E ancora una volta abbiamo davanti quella che rischia di essere una grande occasione sprecata: il PNRR, al di là dei proclami governativi secondo cui "tutti gli obiettivi 2021 sono stati rispettati" è ancora un piano fatto di dichiarazioni di intento e grandi aspirazioni, ma all'atto pratico le PMI hanno bisogno di sapere come e in che tempi possono usufruire di eventuali agevolazioni.
In attesa che si faccia chiarezza, però, c'è qualche passo - con il potenziale di portare enormi risultati - che ogni piccolo imprenditore può fare in autonomia e in maniera proattiva per aumentare la propria resilienza. Vediamo le quattro mosse principali alla portata delle PMI.
Innovare
Che significa non solo e non tanto realizzare prodotti nuovi, ma adottare un modello organizzativo e operativo efficiente, andando a prendere competenze dall'esterno, per esempio, che possano colmare gli inevitabili gap di ogni piccola organizzazione. Oppure, ripensare il processo produttivo, automatizzandone alcune parti o cambiando le politiche di approvvigionamento. Diversificare i fornitori per far fronte a blocchi e restringimenti delle catene di approvvigionamento ed evitare ritardi nella produzione è quanto mai vitale.
Tra i modi per innovare c'è anche quello di rivolgersi ai servizi digitali per integrarli nell'offerta ai clienti: servizi come ScalaPay o Klarna possono essere degli alleati per ampliare la base clienti delle imprese B2C.
Internazionalizzarsi
Sembra quasi un leit motiv, ma come si fa se si hanno meno di 10 dipendenti e un fatturato di dimensioni ridotte, a partire alla conquista del mondo? La verità è che il mondo è molto più alla portata anche di una PMI, grazie alla digitalizzazione. È più un tema di resistenza culturale: spesso le aziende piccole non hanno un'idea chiara di cosa sia l'eCommerce, che è la vera porta di accesso per diversificare la base di clienti. Aprire un eCommerce richiede tempo e investimenti (per la campionatura dei prodotti, per le campagne di marketing, per l'organizzazione della logistica o anche solo per studiare una strategia con Amazon), ma è altamente redditizio in un'ottica di medio termine. Senza considerare le diverse agevolazioni disponibili, dai voucher digitali, ai finanziamenti agevolati Simest a valere sulle risorse del PNRR che è stato potenziato.
Crescere
Ebbene sì, anche questo è un tormentone. Ma anche in questo caso la dimensione della crescita può essere molto concreta: l'M&A per le PMI è percepito in maniera scarsamente positiva se non in fasi di cambio generazionale. Ma per crescere si può pensare a piccole operazioni di apertura del capitale, ai minibond - che si possono emettere anche su piattaforme di crowdfunding - alla quotazione su Euronext Global (l'ex Aim), che prevede una procedura semplificata e un credito di imposta sui costi di quotazione. Si tratta di passaggi importanti non solo per la raccolta di capitale da impiegare nello sviluppo, ma anche e soprattutto perché per compierli ogni azienda deve aprirsi verso terze parti, e adottare un approccio di assoluta trasparenza che è anche capacità di lettura dei propri conti.
Fare pianificazione
Un'operazione che fa bene perché consente di presentarsi a eventuali investitori con l'abito migliore, ma anche per costruirsi una corazza contro eventuali nuovi scossoni (che potrebbero ripresentarsi, come abbiamo visto).
Non è sufficiente fermarsi alla prima riga del bilancio, quella del fatturato, ma si devono guardare KPI come il capitale circolante, l'equilibrio tra tempi di pagamento ai fornitori e tempi di incasso, tra le risorse finanziarie, in termini di costi e tipologia. Perché in una recrudescenza di una crisi che contiene elementi geopolitici e macroeconomici, reperire risorse finanziarie e farlo all'ultimo momento può diventare un gioco d'azzardo (a patto di riuscirci).
Tiziana Marongiu, Chief Business Development Officer, Credimi