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16/03/2022

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Luca Tenani (Schroders): l'inflazione salirà ancora e inizierà a calare a fine anno

I rischi inflazionistici sono stati ulteriormente amplificati dagli avvenimenti in Ucraina, in quanto l'aggressione russa ha fatto impennare i prezzi delle commodity

Inflazione, politiche monetarie delle banche centrali, ripresa globale e futuro dell'Europa. Tutti temi di estrema attualità che abbiamo affrontato con Luca Tenani, Country Head Italy, Schroders.

L'inflazione è ricomparsa dopo tanto tempo con una impennata notevole. Sarà un fenomeno temporaneo, magari con un calo nel secondo semestre o è destinata a rimanere alta a lungo?


L'inflazione si è dimostrata più persistente del previsto negli ultimi mesi, con una serie di sorprese al rialzo. I prezzi stanno salendo al ritmo più rapido degli ultimi 30 anni negli Stati Uniti, nell'Eurozona e nel Regno Unito. I rischi inflazionistici sono stati ulteriormente amplificati dagli avvenimenti in Ucraina, in quanto l'aggressione russa ha fatto impennare i prezzi delle commodity.
L'andamento dell'inflazione è cruciale per l'outlook dell'economia mondiale, dato che determinerà la portata della risposta monetaria da parte delle banche centrali. Se l'inflazione dovesse restare elevata, il rischio di un inasprimento significativo e di una recessione aumenterebbe.


Guardando al futuro il quadro è piuttosto confuso. Siamo ottimisti sul fronte delle catene di approvvigionamento, che dovrebbero tornare gradualmente alla normalità nel corso del 2022 e riteniamo vi sia margine per una riduzione dei prezzi delle commodity se la situazione ucraina si stabilizzerà.
Tuttavia, l'estensione dell'inflazione alle aree cicliche dell'economia USA è fonte di preoccupazione, dato che i trend in questo ambito potrebbero persistere, con un impatto anche sui salari. I nostri modelli prendono in considerazione questi fattori, insieme ad altri, come le pressioni salariali e il dollaro. Non sorprende quindi che i nostri economisti abbiano rivisto al rialzo le previsioni sull'inflazione: le stime sull'indice dei prezzi al consumo negli USA sono al 5,6% per il 2022, con un aumento di 1,1 punti percentuali rispetto alle stime precedenti. Nonostante ciò, continuiamo ad aspettarci che l'inflazione cominci a calare già nel 2022, per poi proseguire nel 2023.

Le politiche monetarie accomodanti delle banche centrali sono in evoluzione. Quali saranno le mosse che vi attendete per il 2022?


Nello scenario di base, i nostri economisti si aspettiamo quattro rialzi dei tassi da parte della Fed quest'anno, raggiungendo l'1,25% entro dicembre, per poi salire al 2% entro metà 2023, quando raggiungeranno il picco.


Per quanto riguarda il Regno Unito, ci aspettiamo ulteriori rialzi a maggio, novembre e febbraio (2023), che porteranno i tassi all'1,25%. In seguito tuttavia la Bank of England si fermerà, in quanto l'impatto di prezzi energetici più alti e una tassazione più elevata peseranno sui consumatori.
Ci aspettiamo che anche la BCE inasprirà la sua politica, con un rialzo dei tassi nel 2023, il primo dal 2011.
Invece prevediamo che la Cina allenterà la politica in risposta alla debolezza della domanda domestica e che la People's Bank of China ridurrà ulteriormente i tassi di interesse.

La ripresa globale dalla pandemia sembra andare più lentamente del previsto. Quali sono i maggiori ostacoli?


La reintroduzione di alcune restrizioni in molte economie ha pesato sulle catene di approvvigionamento e ha riportato molti al lavoro da remoto. Questi fattori esacerbano il disequilibrio tra offerta e domanda, rallentando la prima e spingendo la seconda verso il già surriscaldato settore dei beni. L'idea di una ripresa non bilanciata persiste.
Guardando avanti, anche se gran parte dell'Asia sta affrontando la variante Omicron, altrove sembra che l'ondata stia rallentando, con casi in diminuzione in Europa e nelle Americhe, dove le restrizioni sono state rimosse.


Le catene di approvvigionamento continuano a essere sotto pressione, ma alcuni indicatori iniziano a migliorare, come il Baltic Freight Index (che traccia il costo di trasporto delle materie prime) e i prezzi indicati nei PMI.
Nonostante ciò, persistono le preoccupazioni riguardo alla Cina, dove la politica Zero Covid potrebbe portare a interruzioni negli scambi internazionali, con le restrizioni che spesso vengono imposte con breve preavviso su intere città.
In generale le previsioni dei nostri economisti si stanno muovendo verso uno scenario di stagflazione, con la crescita globale attesa al +3,7% e l'inflazione al +4,7% quest'anno. Le nostre previsioni precedenti, a novembre, erano rispettivamente al +4% e +3,8%.

Il 2021 ha visto un rimbalzo della crescita, dopo i minimi toccati al culmine della pandemia. Cosa vi aspettate sul fronte della crescita in Europa quest'anno?


L'economia dell'Eurozona ha rallentato bruscamente nell'ultimo trimestre del 2021 a causa dei timori legati a Omicron. Il PIL reale è sceso dal 2,3% del terzo trimestre allo 0,3% del quarto, su base trimestrale, superando comunque le attese.



In generale, gli ultimi dati indicano un ritorno del PIL sui livelli del picco pre-pandemico, al 2,4%. Guardando i singoli Stati membri, pur con un rallentamento diffuso, gran parte di essi è riuscito a superare le attese del consensus e ha continuato a crescere: la Spagna in testa con il 2% rispetto al 2,6% del terzo trimestre. L'Italia invece ha rallentato dal 2,6% allo 0,6%.
Le aziende continuano a essere in difficoltà a causa dei colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento. Anche i costi più elevati non sono d'aiuto, con le società che hanno dovuto alzare i prezzi, cosa che a sua volta sembra aver impattato sulla domanda e sulle prospettive di un rimbalzo. Nonostante ciò le stime flash dei PMI di febbraio hanno mostrato una solida ripresa della crescita, soprattutto nel settore dei servizi. Attività come ristoranti, bar, hotel e intrattenimento, dopo le interruzioni nel periodo festivo, hanno visto una crescita della domanda e dell'attività.
Guardando avanti, le prospettive di crescita per l'Eurozona sono state riviste al ribasso dai nostri economisti, dal 4,6% al 3,3% per il 2022, in gran parte a causa dell'impatto di Omicron.



L'altra principale causa è la maggiore inflazione energetica, ulteriormente esacerbata dal conflitto in Ucraina, che dovrebbe pesare anche sulla fiducia di famiglie e imprese nel breve periodo, soprattutto nell'Est Europa, anche se l'impatto dovrebbe essere temporaneo.


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