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09/02/2022

economia

L'oro riuscirà ad agganciare il treno dell'inflazione?

Joe Foster (VanEck): può darsi che la debole performance dell'oro nel 2021 rifletta il normale andamento che precede un ciclo di inasprimento monetario. Il 2022 dovrebbe essere un anno interessante

L'oro mostra una discreta tenuta. A dicembre, l'oro è stato scambiato in un intervallo ristretto chiudendo il mese a 1.829,20 dollari l'oncia, con un incremento di 54,68 dollari (3,08%). Il 15 dicembre il metallo ha registrato il minimo mensile di 1.753,66 dollari in seguito alla riunione del Federal Open Market Committee (FOMC) in cui la Federal Reserve ("Fed") ha creato le premesse per iniziare ad aumentare i tassi già dalla prossima primavera per contrastare la crescente inflazione. Tuttavia, la pressione di vendita si è rapidamente dissipata e il giorno successivo l'oro è salito a 1.800 dollari l'oncia. La tenuta dell'oro indica che la Fed potrebbe incontrare difficoltà a combattere l'inflazione.

Ultimamente le società estrattive si danno da fare


Le maggiori società di produzione aurifera hanno seguito l'andamento rialzista del metallo, con il NYSE Arca Gold Miners Index (GDMNTR) in aumento del 2,18%. Nel frattempo, nel corso del mese l'MVIS Global Junior Gold Miners (MVGDXJTR) non ha subito variazioni.

Tuttavia, malgrado l'apparente calma dei mercati dell'oro, nel quarto trimestre l'attività di fusione e acquisizione (M&A) ha registrato una forte ripresa. Tre grandi società hanno annunciato acquisizioni amichevoli di società single asset, ciascuna con un premio che oscilla tra il 20% e il 30%:
- la sudafricana Anglogold (non presente in portafoglio) sta acquisendo Corvus Gold (una junior non presente in portafoglio) per le proprietà che possiede nel Nevada meridionale;
- la società australiana Newcrest (non presente in portafoglio) ha annunciato un accordo con il produttore di fascia media Pretium (1,34% del patrimonio netto della strategia) per la sua miniera in British Columbia;
- il produttore canadese Kinross (5,20% del patrimonio netto della strategia) sta acquisendo la junior Great Bear Resources (non presente in portafoglio) per le miniere che sta sviluppando in Ontario, Canada.

Una svolta intelligente per i produttori


Questo ciclo dell'oro segna una svolta nell'attività di M&A.

Finora i produttori di oro hanno evitato le operazioni di M&A mirate a junior single asset per privilegiare le attività di esplorazione e sviluppo delle proprie miniere. Questo ha offerto opportunità di crescita organica che hanno consentito alle società di mantenere la produzione e di prolungare la vita delle miniere esistenti. Tuttavia, tutti i giacimenti minerari hanno una vita limitata e alla fine il ciclo produttivo entra nella fase di declino. Riteniamo che queste acquisizioni siano piani a lungo termine delle major tesi a compensare questo inevitabile tramonto. Nell'ultimo ciclo si è notato che molte società hanno pagato un prezzo eccessivo per acquisizioni che, alla fine, non hanno fornito i risultati promessi. Inoltre, storicamente le società hanno diluito gli azionisti emettendo capitale azionario a copertura delle operazioni di M&A. In questo ciclo, tuttavia, la situazione sembra molto diversa. In queste tre grandi operazioni le componenti di liquidità sono state consistenti (50%-100%). Inoltre, sono anni che la nostra strategia investe in questi target di acquisizione che, singolarmente, conosciamo molto bene. La loro qualità è elevata e, alle attuali quotazioni dell'oro, sono sottovalutate.

Si tratta, a nostro avviso, di acquisizioni intelligenti che si riveleranno accrescitive.

Il 2021 è stato un anno deludente per l'oro?


Lo scorso anno l'oro è entrato in un nuovo, più alto, intervallo di negoziazione. Il grafico mostra il vecchio trading range dal 2013 al 2019, con una media di 1.250 dollari l'oncia. La moltitudine di incertezze e di rischi generati dalla pandemia, assieme a politiche radicali in campo fiscale e monetario, hanno spinto l'oro su nuovi massimi favorito da investitori che erano alla ricerca di un porto sicuro. Dopo il crollo dovuto alla pandemia, a marzo 2020, l'oro è stato quotato in media a 1.817 dollari l'oncia.
Nonostante le quotazioni dell'oro si mantengano su massimi storici, molti investitori in oro - noi compresi - sono stati delusi dalla performance del metallo giallo. L'oro ha chiuso l'anno a 1.829,20 dollari, con una perdita di 69 dollari (3,6%). Prevedevamo forti guadagni in un anno in cui l'inflazione generale (misurata dall'indice di riferimento dei prezzi al consumo (CPI) statunitense3) ha sfiorato l'8% a novembre, il massimo dal 1982.


Tuttavia, guardare solo all'inflazione ci porterebbe a ignorare altri fattori che hanno giocato a sfavore dell'oro:
- salvo una leggera debolezza ad aprile e maggio, il dollaro si è mosso al rialzo per tutto l'anno, facendo guadagnare all'U.S. Dollar Index4 (DXY) il 6,4% nel 2021;
- le straordinarie misure di stimolo fiscale e monetario che hanno fatto seguito allo scoppio della pandemia hanno alimentato una sorta di mania nei mercati. Il 2021 è un anno di record in diversi ambiti: negoziazione di opzioni, offerte pubbliche iniziali (IPO), vendite di obbligazioni spazzatura e di prestiti con effetto leva, sottoscrizioni di azioni e di ETF, prezzi delle abitazioni e valutazioni delle cripto-attività. In una fase maniacale, la maggior parte degli investitori perde la percezione del rischio e non è interessato ad acquistare un bene rifugio;
- a maggio, ottobre e novembre l'oro ha reagito con forza alle notizie sull'inflazione. In ciascun caso, tuttavia, il rally dell'oro ha avuto vita breve concludendosi non appena la Fed discuteva o annunciava modifiche ai piani di acquisto di attivi e quando le prospettive dei tassi sembravano legate alla lotta all'inflazione.


Nonostante siamo convinti che la risposta tardiva della Fed all'inflazione sia stata timida e intempestiva, sembra che i mercati abbiano una fede cieca nella capacità dell'Istituto di Filadelfia di gestire l'economia,



L'approccio del "bicchiere mezzo pieno"


Sebbene la domanda di investimenti in oro sia stata fiacca, quella rivolta al metallo fisico ha contribuito a sostenere i corsi auriferi nel nuovo, più alto, intervallo di negoziazione. La domanda delle Banche centrali è tornata ai livelli pre-pandemici grazie all'esigenza di una serie di Paesi - tra cui Kazakhstan, Uzbekistan, Ungheria, Thailandia, Singapore e Brasile - di diversificare le proprie riserve valutarie acquistando oro. In India, la domanda di gioielli è tornata ai livelli esistenti prima della pandemia. Secondo UBS le importazioni indiane di oro sono del 30% superiori ai livelli del 2019. Anche la domanda cinese è tornata a crescere: a ottobre, le importazioni di oro hanno toccato il massimo degli ultimi due anni. Le elevate quotazioni dell'oro in un mercato debole hanno giocato a favore delle società aurifere e a scapito degli investitori.


Il settore è solido dal punto di vista finanziario ed è in grado di assicurare un ritorno agli azionisti sotto forma di dividendi e di riacquisti di azioni. Tuttavia, l'oro è il principale motore delle azioni aurifere e quando il sentiment per il metallo giallo è basso, scema anche l'interesse per i titoli del settore. Di conseguenza, il GDMNTR ha perso l'8,9% e l'MVGDXJTR il 20,7% su base annua. I titoli delle junior arrancano di più quando il mercato è debole e le pratiche di tax-loss selling hanno aggravato le tensioni verso fine anno. La sottoperformance ha spinto le valutazioni su minimi storici; di conseguenza, un eventuale recupero del prezzo dell'oro sarebbe un buon presagio per le azioni aurifere.

E forse non finisce qui?


Coloro che ritengono che l'oro abbia perso il treno dell'inflazione hanno diverse ragioni per ripensarci. Negli ultimi 50 anni vi sono stati solo due altri periodi di inflazione. Il primo negli anni Settanta del secolo scorso; il secondo dal 2003 al 2008. In ciascuna di queste fasi inflazionistiche, l'oro ha sottoperformato le materie prime nella prima parte e sovraperformato nella seconda.


Sembra che i mercati non prendano l'inflazione (o l'oro) sul serio fino a quando la situazione non sfugge di mano.
Sono molti i motivi che inducono a credere che il 2022 darà il via a una spirale salari/prezzi:
- a ottobre, l'S&P CoreLogic Case-Shiller National Home Price Index5 è aumentato del 19,1% rispetto all'anno precedente, una dinamica che non è ancora rispecchiata nell'indice generali dei prezzi al consumo statunitense che si modifica in ritardo a causa del metodo di misurazione dei costi delle abitazioni di proprietà basato sui canoni equivalenti (Owner's Equivalent Rents - OER)6 che quest'anno sono saliti solo del 3%;
- il mercato immobiliare più caro della storia costringe molti potenziali acquirenti a continuare a restare in affitto. Realtor. com rileva che i canoni di affitto richiesti sono saliti del 20% nell'anno terminato a novembre e che prevede un aumento del 7% nel 2022;
- il numero record di nuovi posti di lavoro supera di circa 4 milioni quello dei disoccupati, mentre le persone che lasciano il proprio posto di lavoro hanno raggiunto livelli senza precedenti.


A ottobre vi erano 67 disoccupati per ogni 100 posti disponibili;
- nel terzo trimestre i salari di tutti i lavoratori del settore privato sono cresciuti a un tasso annuo del 4,6%; tuttavia, da inizio anno, la remunerazione oraria al netto dell'inflazione è scesa del 2,7%. Secondo il Conference Board, le società stanno accantonando in media il 3,9% del monte salari per far fronte agli incrementi salariali del 2022;
- comincia a prendere piede una psicologia inflazionistica, con i sindacati intenti a insistere che gli adeguamenti al costo della vita7 siano formalizzati negli accordi salariali;
- gli americani hanno molti soldi da spendere: secondo un articolo del 7 novembre pubblicato dal New York Times, hanno risparmiato 2.300 miliardi di dollari in più di quanto non avrebbero potuto in un contesto pre-pandemico;
- molti produttori di generi alimentari prevedono ulteriori rincari nel 2022. General Mills ha innalzato la sua stima di inflazione da costi al 7-8% nel 2022;
- la svolta epocale nei modelli di consumo, nella logistica produttiva e nei fabbisogni legati a un'economia sostenibile potrebbe continuare a generare carenze nel più lungo termine.




La politica continua a essere un importante fattore di rischio


Oltre all'inflazione, la svolta rigorista della Fed a favore di un inasprimento monetario nel 2022 genera un nuovo insieme di rischi che potrebbero essere determinanti per l'andamento dell'oro. La storia c'insegna che la Fed può mantenere politiche eccessivamente espansive troppo a lungo. Ciò ha creato problemi all'economia visto che sia la bolla tecnologica che quella immobiliare sono scoppiate. Questa volta abbiamo tutti gli ingredienti, bolla e inflazione. La Fed dovrebbe completare il programma di tapering entro fine marzo, spianando la strada ai rialzi dei tassi. Nel frattempo, sembra che vacillino i piani del presidente Biden di spendere miliardi di dollari per "ricostruire meglio". Senza tutte le misure di stimolo i mercati sono a rischio, l'economia potrebbe traballare e i costi del servizio del debito impennarsi. UBS ha analizzato l'andamento dell'oro nei sei mesi che hanno preceduto e seguito gli ultimi tre rialzi iniziali dei tassi in ciascun ciclo - 1999, 2004 e 2015 - e ha scoperto che l'oro ha perso tra il 5% e il 10% nel semestre che ha preceduto ogni rialzo iniziale.


Nel semestre successivo a ciascun rialzo iniziale, l'oro ha guadagnato tra il 10 e il 20%. Può darsi, quindi, che la debole performance dell'oro nel 2021 rifletta il normale andamento che precede un ciclo di inasprimento monetario. Il 2022 dovrebbe essere un anno interessante.

Joe Foster, Portfolio Manager, Gold Strategy di VanEck


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