Le aziende hanno bisogno di DIO (digital innovation officer) - Punto e a capo - @gigibeltrame
Serve una figura che faccia da collante tra le varie attività di business e chi si occupa di tecnologia
"L'innovazione non è una questione di strumenti, ma di come si usano quelli a disposizione".
Questa frase, pronunciata da un CEO di un'azienda molto importante durante un evento a dicembre mi è rimasta impressa nella mente e continua a ronzare.
Se la mia convinzione, da sempre, è che la tecnologia, qualsiasi essa sia, sia un mezzo e non il contenuto dell'innovazione, pensare nel 2022, anche se eravamo ancora nel 2021, a innovare a prescindere dalla tecnologia mi sembra una sciocchezza incredibile.

In una telefonata con Fabrizio Albergati, un manager con una grande esperienza nel settore del digitale, mi ha colpito con un'altra frase: "le aziende non hanno più bisogno di un CIO, ma di un DIO".
Ho subito rubato l'acronimo, perché le aziende non devono solo pensare al Chief Information Officer, o al Chief Innovation Officer, ma devono pensare a un Digital Innovation Officer, che in italiano diventa una divinità!
Le aziende oggi si scontrano sul tavolo dell'innovazione tra chi frena e chi è eccessivamente entusiasta e si fa prendere la mano.
Eppure oggi è possibile portare i vantaggi della digitalizzazione anche progressivamente, per accorgersi che l'innovazione, se applicata bene, porta a crescite esponenziali e non incrementali.
L'economia insegnata nelle Università fino a qualche anno fa, ma in tantissime è ancora così, insegna che l'economia cresce a piccoli passi.
Le aziende, quindi, hanno sempre pensato di crescere a piccoli passi.
Il digitale permette crescite esponenziali e non solo in business unicamente digitali, quando la distribuzione non richiede elementi fisici, ma anche nei business tradizionali.
Quante aziende e quanti servizi sono cresciuti con l'adozione intelligente della tecnologia durante questa fase pandemica?
Non sono mica poche.
"Potrebbe essere un caso" è la risposta di tanti.
Perfetto, ma se andiamo ad analizzare i fallimenti più grossi, il comune denominatore è l'assenza o l'uso sbagliato del digitale.