Fedele alla propria linea editoriale di estendere al massimo il raggio della riflessione, LDE ha sollecitato il contributo non solo dei più autorevoli e qualificati studiosi di diritto del lavoro, ma anche dei soggetti professionali (consulenti del lavoro, commercialisti) e delle parti sociali (organizzazioni sindacali e datoriali) in modo da dare spazio a tutte le sensibilità e a tutte le opinioni, con l'obiettivo di fornire ai lettori i più completi elementi di conoscenza per pervenire a una propria valutazione.
Si parla in un commento di "giungla contrattuale": quali i rischi e se ci sono quali opportunità per imprese e lavoratori?
La Rivista ha dedicato un Focus al tema della "giungla contrattuale", divenuto centrale quando si è giunti alla quota di quasi mille contratti di lavoro nazionali.
Un numero così elevato e già di per sé solo un elemento distorsivo della dinamica contrattuale; ma i rischi aumentano se si considera che una gran parte di tali contratti sono stipulati da soggetti (datoriali e sindacali) che rappresentano realtà di scarsa consistenza numerica ed economica.
L'effetto è, il più delle volte, quello del dumping contrattuale, connesso al fatto che molti di questi contratti (da taluno definiti "pirata") prevedono trattamenti economici e normativi molto bassi, che la Giurisprudenza ha considerato inferiori ai parametri dell'articolo 36 della Costituzione.
L'opportunità per le imprese e i lavoratori è quella di giungere a un numero limitato di contratti collettivi nazionali, stipulati da soggetti veramente rappresentativi di associazioni datoriali e sindacali, e possibilmente valevoli per ogni categoria sul piano nazionale.
Naturalmente tale risultato è condizionato dalla esistenza di strumenti di verifica della effettiva rappresentatività delle parti firmatarie; ma questo è un altro problema irrisolto da anni, perché ha incontrato resistenze di varia natura, anche se ha un suo fondamento nella mancata completa attuazione dell'articolo 39 della Costituzione.
Smartworking e disconnessione dal lavoro: a che punto siamo nel nostro Paese?
Il tema è intimamente collegato al lavoro da remoto, che, per sua natura, si svolge in stretta connessione con le strumentazioni tecnologiche e con le piattaforme informatiche.
Un sondaggio sul campo condotto tra circa 3000 smartworker, pubblicato nel n.1 del 2021 di LDE, ha evidenziato che spesso chi lavora da remoto è impegnato per un numero di ore superiore all'orario di lavoro; o, comunque, resta connesso (e quindi raggiungibile da richieste di lavoro) per una quantità cospicua di tempo.
Da ciò l'esigenza di regolare il tempo contrattualmente dovuto per la prestazione di lavoro.
La materia è stata regolamentata in termini alquanto generali (anche per la novità del problema) con una legge del 2017 che già da allora rinviava alla contrattazione collettiva dei vari livelli.
Una successiva legge (n.
61 del 2021,) ha riconosciuto espressamente il diritto dei lavoratori agili alla disconnessione, ancora una volta salvaguardando il ruolo della contrattazione collettiva.
Il "diritto fondamentale alla disconnessione" è entrato pure nell'Agenda europea, con una Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021.
Infine, e di recente, è stato compiuto un ulteriore passo in avanti con il Protocollo "di Sant'Ambrogio", sottoscritto dalle parti sociali il 7 dicembre 2021 nel quale si forniscono ulteriori linee di indirizzo che possono rappresentare un efficace quadro di riferimento per la futura contrattazione collettiva, nazionale e aziendale e/o territoriale.
Come si vede, si tratta di interventi recenti, resi necessari dall'altrettanto recente accentuazione del fenomeno del lavoro da remoto.
Fino a questo momento il legislatore ha scelto di non entrare nel dettaglio e di rinviare ai contratti collettivi la individuazione degli aspetti più collegati alla specifica realtà organizzativa.
Si può ragionevolmente prevedere, tuttavia, che si renderanno necessari ulteriori interventi (sia legislativi, sia contrattuali) per affinare la regolamentazione del fenomeno
Stiamo sperimentando tutti il lavoro da casa: quali regole occorrono a suo giudizio per il remote working?
Quel che si è detto in precedenza per il diritto alla disconnessione vale, in termini più generali anche per il complessivo fenomeno del remote working; che è espressione più ampia e comprensiva delle varie realtà di lavoro a distanza (delle quali lo smart working tecnicamente inteso fa parte).
Il fenomeno ha conosciuto un incremento notevole in occasione e per effetto della emergenza pandemica, che ha reso necessario e indispensabile in tutti gli ambiti produttivi e organizzativi il ricorso massiccio al lavoro a distanza come rimedio e alternativa al blocco delle attività .
L'evoluzione impetuosa e accelerata del fenomeno non sempre ha trovato riscontro altrettanto celere nella regolamentazione di esso con interventi normativi, primari e/o secondari.
Sul piano del metodo, credo che sia necessario un intervento armonizzante di carattere generale da parte del legislatore, al quale andrà richiesto di fissare la cornice definitoria del fenomeno e i confini entro i quali muoversi.
All'interno di questo quadro, ancora sul piano del metodo, si dovrà collocare l'intervento - opportuno, necessario - della contrattazione collettiva nei vari livelli che, con la dovuta duttilità individuerà le soluzioni più adeguate rispetto alle specifiche situazioni organizzative e produttive.
Basti pensare in proposito alle differenti esigenze esistenti fra il lavoro privato e di lavoro nella pubblica amministrazione.
Gli interventi legislativi e i Protocolli fino ad ora adottati, sul piano nazionale e su quello europeo, dovranno essere rivisti, modificati e integrati tenendo conto dei dati che emergeranno dalla concreta esperienza e dalla attuazione del lavoro a distanza.
Fenomeno che ritengo destinato a durare nel tempo; anche se si può ragionevolmente prevedere che, dopo l'accelerazione e la diffusione determinate dall'emergenza pandemica, esso si stabilizzerà su livelli più contenuti, anche se di gran lunga superiori a quelli precedenti il COVID-19.
Federico Unnia
Aures Strategie e politiche di comunicazione
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