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01/12/2021

digital

L'innovazione è guidata e resa possibile dalle informazioni derivate dai dati

Fabio Pascali (Cloudera): occorre creare un flusso di lavoro che estragga valore dal dato in sé e lo metta in circolo in azienda, sotto forma di insight, su cui i responsabili del business possono basare le loro decisioni

Nel 2020, la pandemia COVID-19 ha messo a dura prova le aziende italiane, mettendo in luce l'importanza dei dati e della capacità di prendere decisioni rapide ed incisive nei momenti di crisi. Tuttavia, diverse imprese che erano in procinto di iniziare ad investire in ambito Big Data e Analytics o di migliorare la tecnologia in proprio possesso, sono state costrette a posticipare i loro piani per ragioni finanziarie dettate dalla necessità.
Nonostante questo, il mercato dei Big Data & Analytics ha registrato comunque una crescita del 6% nel 2020, portando il giro di affari in Italia a oltre 1,8 miliardi di euro, anche se con un ritmo significativamente rallentato rispetto al +23% e al +26% osservati, rispettivamente, nel 2018 e nel 2019.
Secondo una ricerca condotta Osservatorio Big Data & Business Analytics della School of Management del Politecnico di Milano ad investire in soluzioni di Big Data e Analytics sono soprattutto le grandi imprese, dove il 96% dichiara di aver proseguito attività di valorizzazione del patrimonio dati aziendale e il 42% ha iniziato a sperimentare soluzioni o a ottenere competenze in ambito di Advanced Analytics.


Tecnologie avanzate come Machine Learning e Intelligenza Artificiale giocheranno un ruolo fondamentale nell'evoluzione verso un'economia non solo fondata sui dati, ma sulle informazioni che questi stessi dati contengono.
Sempre più spesso si pone l'accento sulla loro importanza, e a ragione, perché rappresentano le fondamenta da cui partire. Senza una base di dati solida, affidabile ed estesa non è possibile analizzare il passato per predire il futuro dal punto di vista del business. E se non si hanno i dati giusti a disposizione, è difficile prendere decisioni informate e tempestive, fondamentali per competere nel mondo attuale in cui il concetto di tempo reale ha davvero trovato la sua celebrazione.
Le esigenze dei clienti cambiano in continuazione come pure le indicazioni normative. E di fronte a un panorama competitivo in continua evoluzione, solo una costante attenzione a leggere i movimenti del mercato può garantire a ogni organizzazione la giusta competitività.
Si è diffuso il concetto di "data platform", ovvero piattaforme in grado di gestire grandi quantità di dati, eterogenei per provenienza e struttura, in modo olistico.

E questo rappresenta sicuramente un grande valore per le aziende, che riescono ad avere una visione unificata delle masse di dati che transitano per i loro sistemi e le loro infrastrutture. Non è più sufficiente gestire e analizzare questi dati in modo efficiente: l'imperativo per le aziende diventa come estrarne valore.
E man mano che le organizzazioni si trovano a dover gestire volumi di dati sempre più grandi sarà questo l'elemento realmente differenziante. I dati sono e restano il patrimonio più importante per ogni azienda, ma quello che dà loro valore è l'informazione che racchiudono. In altre parole, non è sufficiente che siano tanti, devono anche essere giusti. E soprattutto essere trattati nel modo corretto perché rivelino il loro reale valore di business. Chi riuscirà a farli fruttare avrà un vantaggio significativo, in termini di posizionamento, di time-to-market o di lungimiranza strategica.
Ogni potenziale vantaggio però porta con sé un rischio.
Cosa succede se i dati non sono gestiti e analizzati in modo ottimale?

O peggio, se non sono protetti adeguatamente? Se i dati sono il nuovo petrolio, come si dice ormai da tempo, ogni loro fuoriuscita accidentale può avere effetti disastrosi.


Per la sicurezza, innanzitutto, ma anche per il business. Un dato di per sé può essere irripetibile. Se noi perdiamo un determinato set di dati potremmo non essere più in grado di interpretare completamente un evento, o peggio potremmo farlo in modo non corretto.
Come si esce da questa situazione potenzialmente rischiosa dunque?
Adottando un approccio olistico non solamente rispetto ai dati ma anche alle informazioni. Gestendo i dati nel loro intero ciclo di vita, dalla creazione fino all'archiviazione o allo smaltimento, ma facendo la stessa cosa con le informazioni. Creando un flusso di lavoro comprovato che estragga valore dal dato in sé e lo metta in circolo in azienda, sotto forma di insight, di informazioni concrete e rilevanti, su cui i responsabili del business possono basare le loro decisioni. Sono le informazioni che guidano l'innovazione e la rendono possibile, oltre che fruttuosa.
Un esempio calzante è quello della condivisione delle informazioni all'interno dell'azienda che, proprio perché rilevanti per il business, devono essere rese disponibili in tempi ristretti a tutte le parti interessate - autorizzate - a riceverle.



La differenza tra dati e informazioni diventa evidente in alcuni specifici scenari. Se le aziende, giustamente, tendono a essere molto prudenti nei confronti dei loro dati, vorranno probabilmente distribuire in modo esteso le informazioni utili che ne derivano, in modo da dare la giusta spinta a tutti i processi operativi.
In questo senso, la "data platform" non deve limitarsi a gestire la grande massa di dati che esiste in un'organizzazione, ma estendere il suo ambito ai sistemi informativi, andando a toccare tutti i reparti operativi, che sulle informazioni che derivano da quei dati basano le loro attività, diventando così elemento fondamentale del sistema nervoso digitale su cui ormai si basa ogni organizzazione.

Fabio Pascali, Regional director Italy di Cloudera


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