Come conciliare cultura aziendale, spirito di squadra e lavoro ibrido
Nicola Downing (Ricoh Europe): se le aziende italiane non investono nelle tecnologie necessarie a garantire flessibilità ai dipendenti rischiano di perdere i migliori talenti e i benefici della resilienza durante la pandemia
Sono trascorsi più di 18 mesi da quando l'emergenza COVID-19 ha costretto le aziende a rivedere le proprie modalità di lavoro in favore del Remote Working.
Nonostante ciò, solo il 39% delle imprese italiane ha dotato i propri dipendenti di tecnologie per continuare a lavorare in modo efficace e a collaborare con i propri colleghi anche fuori ufficio. Questo è quanto emerge da una ricerca condotta da Opinion Matters per conto di Ricoh Europe su un campione di 250 decision maker italiani.

La maggior parte degli intervistati (64%) riconosce il ruolo fondamentale che l'intelligenza artificiale e l'automazione dei processi ricoprono in contesti di lavoro ibrido in un'ottica di produttività, ma questa consapevolezza non corrisponde poi ad effettivi investimenti.
Due differenti prospettive
I risultati dello studio dimostrano come le aziende non comprendono a fondo le barriere a cui molto spesso le persone si trovano di fronte quando lavorano da remoto.
Per esempio, i decision maker sono convinti che i dipendenti abbiano tempo a sufficienza da dedicare ad attività a valore aggiunto e al supporto ai clienti, mentre i lavoratori affermano tutt'altro. Il 76% dei manager intervistati ritiene infatti che il proprio staff impegni 180 minuti al giorno in attività a valore rispetto alla media di 73 minuti stimata dai dipendenti europei coinvolti in una ricerca dello scorso marzo.
Il futuro è nella collaboration
La mancanza di investimenti in soluzioni che consentirebbero alle persone di lavorare da qualunque luogo dimostra come le aziende non siano preparate per l'hybrid working.
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