In diminuzione la propensione al rischio degli investitori
Clément Inbona (La Financière de l'Echiquier): il meccanismo borsistico può essere meno fluido ma è ancora lungi dall'essersi bloccato. L'euforia della riapertura sembra davvero alle spalle.
In meglio o in peggio?
Settembre suona la ritirata per le azioni globali al termine di 7 mesi di rialzo consecutivi.
Ce ne dovremmo preoccupare? Nel giro di poche settimane, per molteplici ragioni si è assistito a una riduzione della propensione al rischio degli investitori.
Sul piano della politica monetaria, dopo aver preparato con cautela i mercati, la Fed sta ora vagliando di estinguere progressivamente le sue misure accomodanti.

Dovrebbe iniziare col ridurre i suoi acquisti e intervenire poi sui tassi di riferimento.
La Banca Centrale Europea sta seguendo le orme della Fed, anche se con una semantica diversa: si parla ora di "ricalibrare" le misure eccezionali legate al Covid.
I flussi di acquisto delle banche centrali si prosciugheranno e i mercati l'hanno capito, spingendo - nelle ultime settimane - i tassi a lungo termine al rialzo.
L'inflazione, considerata (troppo?) a lungo temporanea dalle banche centrali, si sta dimostrando più duratura di quanto previsto inizialmente.
Il boom delle riaperture ha certamente causato molteplici carenze, aumentato il costo delle materie prime e, talvolta, allungato drasticamente i tempi di approvvigionamento.
Ma la durata e l'ampiezza di questi aumenti di prezzo stanno cominciando a causare effetti secondari.
Il perdurare dell'inflazione inizia ad influenzare il comportamento degli agenti economici.
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