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15/09/2021

idee

Africa: un potenziale enorme ancora non esplorato

Ophélie Mortier (DPAM): mentre la sua popolazione continua ad aumentare e la sua industria ad espandersi, è fondamentale per i futuri leader africani implementare un percorso unitario per una crescita sostenibile

L'Africa oggi è responsabile di meno del 4% delle emissioni globali di carbonio, risultato ancora più sorprendente considerato che si tratta del secondo continente più popoloso del pianeta. Inoltre, la progressione storica delle sue emissioni - a differenza di alcune nazioni in rapida crescita come la Cina - è rimasta notevolmente stabile nei decenni precedenti. Tuttavia, se l'Africa dovesse perseguire un modello di crescita simile a quello dei paesi oggi più sviluppati, il continente nero potrebbe emettere tra le quattro e le sette giga tonnellate di carbonio entro il 2050. Numeri che, messi in prospettiva, equivalgono al totale aggregato delle attuali emissioni di Cina, Europa e Stati Uniti.
Eppure, ci si aspetterebbe che l'Africa, essendo uno dei Paesi con le più basse emissioni di anidride carbonica al mondo, potesse godere almeno di alcuni benefici a livello ambientale. Tuttavia, la posizione geografica del continente è intrinsecamente vulnerabile al cambiamento climatico, condizione aggravata da fragili condizioni socioeconomiche e dalla mancanza di organismi stabili di governo. Dilaganti fenomeni di desertificazione, deforestazione, scarsità d'acqua e migrazioni di massa complicheranno probabilmente lo sviluppo dell'Africa negli anni a venire.

D'altro canto, nemmeno la pandemia ha migliorato la situazione, rallentando di fatto i promettenti progressi compiuti da Paesi come il Ghana o il Senegal.

Risorse rinnovabili: un potenziale non sfruttato che incontra molti ostacoli


In termini di risorse rinnovabili, il continente africano offre moltissime possibilità.
L'energia solare, in particolare, dispone del potenziale per rivoluzionare il settore energetico dell'Africa. Sono presenti anche molte fonti non pienamente sfruttate di energia eolica, energia idroelettrica e numerose fonti geotermiche, ma l'effettiva costruzione e realizzazione delle infrastrutture necessarie per capitalizzare queste risorse è una sfida monumentale.
Tali difficoltà sono evidenti in tutto il continente: anche se l'Africa è uno dei più grandi serbatoi di energia solare del mondo, rappresenta appena l'1% della capacità installata globale. Oggi, è ancora il legno la fonte primaria di energia nei Paesi sub-sahariani. Aggiungete a questo diversi altri problemi, quali l'incertezza politica, le infrastrutture inadeguate, le risorse finanziarie instabili e l'accesso limitato ai finanziamenti esteri e privati.

Diventa subito chiaro che, prima che le energie rinnovabili riescano ad alimentare in modo affidabile il continente africano, dovrà essere affrontata tutta una serie di sfide. La comunità internazionale degli investitori potrebbe riflettere su quale ruolo poter assumere in questa parte del mondo.
Tuttavia, l'azione dei governi può beneficiare di diversi incentivi: in termini di costi, ad esempio, oggi le energie rinnovabili sono competitive quanto le fonti di combustibili fossili. Inoltre, l'attuale infrastruttura energetica di questo continente ha urgente bisogno di essere rivitalizzata: i costi delle sole interruzioni di corrente sono infatti stimati tra il 2 e il 4% del PIL dell'Africa e i suoi governi devono costantemente sovvenzionare il settore per mantenerlo operativo.
Questi sussidi per i combustibili fossili rappresentano quasi il 5,6% del PIL dell'Africa sub-sahariana, un livello che incide significativamente sul debito pubblico e che contribuisce a creare un pericoloso circolo vizioso, con uno spreco di denaro a discapito dei pilastri della sostenibilità, come salute e istruzione. Inoltre, lo stretto coinvolgimento dei governi ha anche creato una significativa interferenza politica, dannosa per lo sviluppo del settore.


Si potrebbe prevedere una privatizzazione parziale. Tuttavia, una completa liberalizzazione del sistema avrebbe probabili conseguenze negative sui prezzi.
Per esempio, il Sudafrica ha accettato gli investimenti nel settore dell'energia a discapito della Electricity Supply Commission, che aveva il monopolio della produzione di elettricità. Essendo il Sudafrica il maggior contribuente alle emissioni di gas a effetto serra in Africa, permettere investimenti privati potrebbe essere una svolta in un paese che ha assistito a carenze e a interruzioni parziali negli ultimi anni.
Sul fronte dei costi, i consumatori africani hanno a che fare con alcune delle tariffe elettriche più alte del mondo. Nonostante questo, però, i fornitori energetici nell'Africa sub-sahariana sono in gravi difficoltà finanziarie. Le attuali compagnie elettriche riescono a malapena a sopravvivere e lottano per coprire semplicemente i costi di manutenzione e sviluppo della loro rete. Non è sorprendente che gli investitori e i governi rimangano a malincuore avversi al rischio quando si trovano di fronte a progetti nel campo delle rinnovabili ad alta intensità di capitale.



In sintesi, il passaggio dell'Africa dai combustibili fossili alle energie rinnovabili - almeno sulla carta - sembra un gioco da ragazzi, considerando i costi accessibili dell'energia e l'abbondanza di risorse. Una riforma immediata delle aziende di servizio pubblico africane è nella logica dei fatti, e qualsiasi ritardo aumenterà solo il costo finanziario e ambientale. Tuttavia, l'effettiva realizzazione delle infrastrutture necessarie, lo smantellamento della rete di combustibili fossili - profondamente radicata - e l'affrancamento dai molti legami politici è una sfida ancora ardua.

La comunità internazionale per favorire il cambiamento


La buona notizia è che la maggior parte dei paesi sub-sahariani non sono sottoposti a obblighi internazionali per la riduzione dei gas serra e hanno diritto al sostegno finanziario dei paesi più sviluppati. Questo sostegno sarà estremamente necessario: l'adattamento dell'Africa al cambiamento climatico è in ritardo a causa della mancanza di know-how, di soluzioni tecnologiche e di finanziamenti adeguati.



Dato che queste questioni non sono attualmente molto presenti nelle agende politiche locali che mancano di una visione comune, la comunità internazionale potrebbe rappresentare un vettore di cambiamento.
La COP 21 di Parigi ha promesso 100 miliardi di dollari all'anno per assistere i paesi in via di sviluppo nei loro sforzi per il clima. Questo impegno sarà ulteriormente rivisto durante la prossima COP 26. Tuttavia, gli ultimi vertici del G7 e del G20 raffreddano le speranze di un futuro africano dipendente dai fondi di sostegno al clima nonostante questo supporto finanziario sia di importanza critica. Infatti, la Banca africana per lo sviluppo stima che il continente avrà bisogno di circa 715 miliardi di dollari per raggiungere gli obiettivi della UNFCCC (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) e dell'accordo di Parigi entro il 2030.
È qui che notiamo un piccolo spiraglio di luce intorno a nuvole altrimenti tempestose: ad oggi, la maggior parte delle nazioni africane ha sottoscritto l'Accordo di Parigi, certificando l'impegno a una riduzione delle emissioni di carbonio e per un aumento delle capacità di energia rinnovabile.


Paesi come il Marocco, il Senegal, il Sudafrica e il Kenya hanno già dimostrato il loro impegno verso questi obiettivi. Il Kenya, in particolare, si trova molto al di sopra dei suoi pari sulla questione dell'energia rinnovabile, rivaleggiando persino con alcuni dei paesi occidentali più impegnati sul fronte dell'ecologia: quasi il 50% della produzione del Kenya proviene dalle rinnovabili (esclusa l'energia idroelettrica) e la sua dipendenza dai combustibili fossili, in particolare carbone e petrolio, nel 2015 aveva raggiunto appena il 13%.
Le Nazioni Unite prevedono che la popolazione sub-sahariana praticamente raddoppierà entro il 2050, raggiungendo quasi 2,1 miliardi di abitanti. Questo imminente boom aggiunge ulteriore urgenza alla crisi energetica dell'Africa. Mentre la sua popolazione continua ad aumentare e la sua industria ad espandersi, è fondamentale per i futuri leader africani capire e implementare un percorso chiaro e unitario per una crescita sostenibile. Nascosto in profondità nell'intricata rete delle molte contraddizioni dell'Africa si trovano i semi di un futuro sostenibile. Per ora, gli investitori sono costretti a chiedersi cosa ci vorrà per far fiorire questo continente.


Forse la prossima COP 27, che avrà luogo in Africa, potrà fare più luce sul tema... Ma l'emergenza climatica aspetterà fino ad allora?

Ophélie Mortier, Responsible Investment Strategist, DPAM


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