Cybersecurity: le sfide sono formare e automatizzare
Mauro Palmigiani (Palo Alto Networks): se la tecnologia è un ausilio enorme nella prevenzione del cybercrime, non dobbiamo dimenticare che il suo successo dipende in egual misura dalla capacità dell'essere umano
Il lavoro, le relazioni, il tempo libero: negli ultimi tempi è difficile pensare a un aspetto della nostra vita che non si sia almeno in parte digitalizzato, ed il crimine non fa eccezione.
L'epoca degli hacker solitari che operavano con finalità meramente sovversive è finita, lasciando spazio a un business criminale governato da veri e propri cartelli del cybercrime estremamente professionali ed organizzati, dove gli attacchi a danni di privati imprese e pubbliche amministrazioni si registrano nell'ordine dei secondi e l'impatto economico è tanto gravoso per le vittime quanto redditizio per i banditi digitali.

Blocco delle attività, sottrazione di dati critici riottenibili (forse) solo dietro lauto riscatto, danni reputazionali: gli effetti di un cyberattack sono molteplici e tutti ugualmente gravosi, amplificati più che mai dalla pervasività della tecnologia nella società odierna e dalla condizione pandemica mondiale, che con lo smartworking ha ampiamente allargato i perimetri di difesa delle aziende ed evidenziato nuovi punti di vulnerabilità.
Il rischio di una cybersecurity failure è più vivo e sentito che mai e per affrontarlo occorrerà investire in almeno due direzioni.
Rafforzare la cultura
Nel nostro paese, il Clusit stima che, entro il 2024, il costo del crimine informatico potrebbe facilmente collocarsi nell'ordine di 20-25 miliardi di euro all'anno, mentre nel 2020 gli investimenti in sicurezza ammontavano solo a 1,5 miliardi di euro: una cifra chiaramente insufficiente, soprattutto se confrontata con il PIL e i rischi potenziali connessi
Questo è il segnale di allarme più evidente di un'arretratezza culturale critica che si innesta nel più ampio panorama di una scarsa digitalizzazione e competenze digitali, tanto che nel 2020 l'Italia si collocava all'ultimo posto nell'UE per quanto riguarda la dimensione del capitale umano informatico.
Di conseguenza, considerando che nel 2020 l'85% delle violazioni è stato determinato da un errore umano, la formazione e la diffusione capillare di una cultura della sicurezza informatica è un passo imprescindibile.