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09/06/2021

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Carlo Caporale (Wyser): in Italia c'è ancora molta strada da fare per ridurre il gender gap

È un fenomeno che danneggia pesantemente le professioniste e le manager nella loro carriera. Il nostro Paese è al 63° posto nella classifica mondiale

La rivoluzione del lavoro che le aziende hanno dovuto mettere in campo per poter rimanere operative durante la pandemia non ha purtroppo fatto fare passi in avanti nella direzione di ridurre il gender gap.
Abbattere il Glass ceiling, o soffitto di cristallo, cioè raggiungere la parità di genere, non è stato uno degli obiettivi delle imprese in questo periodo contrassegnato dal remote working. Si può e si deve fare di più. 
Ne abbiamo parlato con Carlo Caporale, Amministratore Delegato di Wyser, il brand globale di Gi Group che si occupa di ricerca e selezione di profili di middle e senior management.

Glass ceiling: quali sono stati i principali risultati della ricerca?

Dalla ricerca emerge un quadro purtroppo chiaro: il 70% ha dichiarato che l'ultimo anno è stato un'opportunità sprecata per risolvere la problematica del "soffitto di cristallo", mentre l'80% ha dichiarato che l'azienda per cui lavora non ha adottato nessuna misura per supportare le professioniste e per ridurre il gender gap.


Sono dati che dimostrano come ci sia ancora molta strada da fare per abbattere fenomeni come quello del Glass ceiling, che rappresenta un problema complesso che richiede in primis un cambiamento culturale e quindi l'adozione di diverse misure.

Quali sono stati gli elementi emersi che più vi hanno colpito in positivo e quali quelli in negativo?

I dati sopracitati, purtroppo, colpiscono negativamente perché indicativi di un fenomeno che danneggia pesantemente le professioniste e le manager nella loro carriera. Un aspetto che, invece, leggiamo in chiave positiva è che per quasi il 40% degli intervistati le società di ricerca e selezione possono intervenire utilizzando strumenti di selezione che siano obiettivi.
Noi di Wyser abbiamo una profonda consapevolezza della nostra responsabilità dovuta all'impatto che la nostra attività ha sulla vita delle persone e da tempo abbiamo sviluppato e adottato un nostro assessment center che consente, grazie a un paniere di test e questionari, di valutare oggettivamente i candidati. Che questo aspetto venga notato e incentivato dimostra che, in qualità di realtà che si occupa di ricerca e selezione, stiamo andando nella giusta direzione.



In che misura ha influito il remote working sul Glass ceiling?

Bisogna partire da una premessa fondamentale: il remote working da solo non è la soluzione. Dall'indagine è infatti emerso che per quasi il 70% degli intervistati una gestione flessibile del proprio orario di lavoro - ancor più del lavoro da remoto - rappresenta lo strumento fondamentale per le donne che hanno già o che vorrebbero una famiglia.
Questi dati da una parte dimostrano che sono ancora le donne le principali caregiver, dall'altra che lavorare da casa, specialmente in assenza di altre misure, non può che essere un debole palliativo per quello che è innanzitutto un problema di tipo culturale.
Sempre secondo la survey, infatti, alla domanda "Oggi a cosa associa il soffitto di cristallo?", 1 su 4 ha risposto "a stereotipi e a pregiudizi che popolano i luoghi di lavoro".

Come è messa l'Italia rispetto al resto dei Paesi industrializzati in termini di Gender gap?

Dall'ultimo Global Gender Gap report del World Economic Forum si evince che l'Italia ha guadagnato diverse posizioni passando dal 76° al 63° posto.


Sicuramente è un evento degno di nota ma non basta, si deve continuare a lavorare in questa direzione affinché l'Italia possa raggiungere i risultati di Paesi nordeuropei come la Finlandia o l'Islanda.

Parlando più in generale di occupazione, dal vostro osservatorio privilegiato, che cosa dobbiamo aspettarci per la seconda metà del 2021?

È già da qualche tempo che stiamo registrando segnali positivi, di ripresa più o meno da tutti i settori, compresi quelli maggiormente colpiti dalla pandemia, come Fashion&Luxury, Horeca e Automotive, che si traducono anche nella necessità di inserire nuovi profili manageriali e nuove competenze per affrontare in primis la digital transformation ma più in generale le sfide del mercato.
Come nel 2020 continueremo infatti a muoverci in uno scenario VUCA, volatile e in cambiamento costante, dove i professionisti ma anche le aziende devono continuare a prestare attenzione alla formazione continua.
Le aziende saranno anche impegnate, soprattutto le HR, nel definire il new way of working adatto alla propria organizzazione.


Sentiremo ancora parlare moltissimo di smartworking e altre modalità di lavoro a distanza come il near working, attualmente in sperimentazione a Milano.
Sempre più, poi, alle figure manageriali è e sarà richiesto di operare con una visione "imprenditoriale", ovvero di trovare la sintesi tra rigore e creatività e di farsi carico della diffusione a tutti i livelli della cultura e dei valori aziendali.

Che azioni auspicate da parte del Governo per il rilancio del lavoro, anche attraverso l'uso dei fondi europei?

Il mercato del lavoro italiano oggi non è sostenibile né per le aziende né per i lavoratori, e quindi nemmeno per la società. Ci auguriamo che vengano portate avanti strategie volte alla creazione di valore sul lungo periodo per tutte le categorie, con particolare attenzione ai giovani e alle donne.
Le opportunità sono moltissime e saranno sempre di più, perché il gap tra competenze ricercate e quelle presenti è gigantesco e destinato a crescere ancora: bisogna intervenire con progetti "sistemici" di formazione continua e di reskilling, anche perché in un mondo in continuo e sempre più rapido cambiamento anche le competenze diventano obsolete più velocemente e crearne di nuove richiede flessibilità, visione strategica, ma anche forti investimenti.



Fondamentale, in questo senso, che il mondo della formazione, le aziende, le parti sociali, le istituzioni si parlino e progettino insieme il futuro, idealmente con una regia consapevole e lungimirante.


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