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24/03/2021

idee

PMI innovative: il COVID-19 costringe a rivedere l'organizzazione interna

Daria Tagliasacchi (Willis Towers Watson): hanno imparato molto velocemente ad adattarsi alle nuove necessità con il fine ultimo di garantire la continuità di business. Ora occorre lavorare sul lungo termine

Dalla reazione al problema alla pianificazione futura. Così si potrebbe sintetizzare la situazione delle PMI innovative italiane. La pandemia ha infatti causato un impatto negativo sui risultati a breve termine, e circa il 90% ha già messo a punto un piano strutturato per garantire la continuità operativa nei prossimi mesi.
L'organizzazione interna è in assoluto la maggiore criticità da gestire per le PMI e anche l'area in cui si dovranno concentrare i maggiori investimenti, oltre all'area Information Technology. Circa l'80% delle società ha infatti intenzione di rivedere la struttura organizzativa per supportare la strategia a medio e lungo termine sulla base dell'attuale scenario. È quanto emerge dalla survey "HR Best Practice & Tax Incentive - PMI Innovative" di Willis Towers Watson.
Secondo Daria Tagliasacchi, Human Capital Associate di Willis Towers Watson, "l'industria è stata chiamata a reagire alle difficoltà e alle nuove sfide, mai vissute prima, presentate dalla pandemia da COVID-19, e le PMI hanno imparato molto velocemente ad adattarsi alle nuove necessità con il fine ultimo di garantire la continuità di business.

Hanno rivisto la struttura organizzativa per supportare la strategia aziendale di medio lungo termine, accelerato il ritmo di crescita degli investimenti tecnologici, implementato lo smartworking e puntato allo sviluppo professionale, creando nuovi ruoli sulla base delle competenze richieste dal mercato. Le priorità nella gestione delle risorse umane hanno avuto un ruolo cardine nell'organizzazione aziendale, ora resta da lavorare sulla messa a terra di un piano di lungo termine".
Dalla survey emerge che le principali azioni a livello organizzativo che verranno o sono già state messe in atto sono due: l'incremento della forza lavoro (39%) e la creazione di nuovi ruoli sulla base delle competenze richieste dal mercato (42%).
Oltre all'organizzazione, leadership e qualità del management rappresentano altri elementi prioritari nella gestione delle risorse umane.
Alla luce del nuovo contesto economico, le nuove esigenze formative, ovvero i gap di competenze identificati dalle PMI, sono da registrarsi nel marketing digitale (44%), nell'agile development (39%) e nella cybersecurity (33%).

Mentre le soft skill più critiche attualmente sono rappresentate dalla leadership e dal people management (61%).
In termini di fidelizzazione dei dipendenti il livello delle PMI è molto alto: il 78% delle società dichiara infatti che il periodo medio di permanenza dei dipendenti in azienda è superiore ai tre anni, mentre solo il 22% afferma che tale periodo varia tra uno e tre anni.
Mentre si riscontrano maggiori difficoltà in fase di attraction, ovvero selezione dei talenti, in particolar modo per i ruoli di software developer full stack (56%) seguiti dai sales manager (22%).
La crescita e lo sviluppo dei dipendenti sono realizzati per lo più con l'apprendimento sul campo e attraverso corsi specifici prestabiliti. Ben il 67% delle PMI dispone di un programma strutturato di onboarding per i neo assunti, mentre interessante è rilevare che meno della metà, il 44%, disponga di un percorso di crescita strutturato.
Sistemi di incentivazione di breve e di lungo termine sono abbastanza diffusi (61% e 56% rispettivamente), questi ultimi prevalentemente di tipo azionario.
Gli strumenti di "work for equity" sono attualmente poco diffusi (28%) ed offerti principalmente ad amministratori e dipendenti, meno invece a collaboratori esterni.


Si riscontra comunque un certo interesse nei confronti di questi strumenti, dal momento che circa il 30% delle società afferma che li introdurrà nei prossimi mesi.
Gli aumenti di capitali effettuati, anche alla luce delle agevolazioni introdotte dal DL Rilancio, sono ancora limitati (20%), anche se circa una società su tre ne sta valutando la fattibilità.


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