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24/03/2021

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Paolo Sironi (IBM): le piattaforme e il contextual banking sono il presente, la human relationship il futuro del Fintech

Una visione a tutto tondo del mercato bancario e finanziario mette in luce le peculiarità e le opportunità dei mercati in ogni angolo del mondo

Il mondo fintech sembra poter rivoluzionare un mondo con basi storiche solide come quello bancario e finanziario. Abbiamo intervistato Paolo Sironi IBM Institute for Business Value - Global Research Leader Banking and Finance, per provare a comprendere quali sono le opportunità e insidie, il legame tra startup e istituzioni, tra tecnologia e innovazione, ma anche tra modelli di business e di cambiamenti del business. Una visione del sistema a livello mondiale.

Come responsabile globale della ricerca sul banking, financial market dell'IBM Institute for Business Value, il mio scopo è cercare di capire come si sta trasformando il settore e quindi come la tecnologia e questo percorso di trasformazione sta producendo un cambiamento.

Lei è di base in Germania, ma è cittadino del mondo.

Sono basato in Germania ma ho un occhio abbastanza globale perché mi occupo in sostanza di tutta l'industria, dall'Australia fino all'Alaska. Ci sono dei tempi diversi di maturità e di crescita nei vari Paesi, ma anche di possibilità perché con gli investimenti non sono sempre uguali.

Possiamo dividere il mondo in tre grandi macroaree.
Gli Stati Uniti
, dove nasce la tecnologia o quantomeno dove è nata la tecnologia digitale, anche se oggi l'Asia con la Cina è in cima alla classifica perché è diventata estremamente competitiva dal punto di vista dello sviluppo tecnologico.
Poi c'è l'Europa dove si inserisce anche l'Italia, dove nasce la regolamentazione ed è una cosa importante perché  bisogna in qualche modo armonizzare il sistema. I regolamenti sono un fattore chiave in questo business, per protezione degli investimenti, penso alla PSD2 o a quello che è successo in Cina bloccando Ant Group, la più grande fintech mondiale.
La complessità e preoccupazione legate proprio alla connessione tra tecnologia a utilizzo delle piattaforme e stabilità finanziaria. Il terzo pilastro è rappresentato dalla Cina, già citata, e dall'India, che sono i grandi campioni del fintech mondiale in questo momento. Lì nascono i modelli di business, diciamo la formula segreta, Il mio lavoro è capire quali sono i modelli di business, sapendo che non tutti quelli che vediamo nel mondo possono venire riproposti.

Per intenderci, qualche cosa che succede in Cina può funzionare per i consumatori in Italia piuttosto che in Canada, ma magari in altre nazioni no.

Quanto conta la tecnologia in questo processo?

Tantissimo. Capire come la tecnologia mette in condizione di sviluppare modelli di business su larga scala e al tempo stesso cercare di tenerli all'interno di un contesto regolamentare, permette di fare non soltanto un cambiamento ma anche portare valore per la società e il settore.
Pongo l'accento comunque proprio sul modello di business perché non si tratta più di semplicemente fare quello che facevamo prima, ma fatto in digitale col telefonino, ma si deve cambiare il modo con cui lo facciamo e lo remuneriamo.
Il modello al contorno della giustificazione delle nostre azioni economiche è la cosa più complicata da fare e direi che è quello su cui si stanno concentrando le fintech. Le banche si trovano in difficoltà, perché è difficile cambiare sostanzialmente gli schemi mentali ed è qualcosa con cui mi scontro tutti i giorni.

Istituzioni bancarie e finanziarie sembrano appartenere al passato.



E' una percezione sbagliata nel merito ma giusta nella sensazione che si ha. Il peso delle fintech è ancora piccolo, stanno emergendo, ma è anche più facile fare innovazione partendo come una startup che creare qualcosa di nuovo in aziende strutturate e con processi ampiamente rodati.
Ho avuto la possibilità di lavorare per la prima banca italiana come responsabile della finanza quantitativa per 15 anni, poi ho fatto una startup qui in Germania, ragione per cui mi trovo qui, questa l'ha comprata IBM e ora lavoro per un colosso mondiale della tecnologia.
Significa che ho visto il problema del business da tutti i lati. Se penso a Stripe, oggi diventata un unicorno, le ragioni per cui è riuscita a diventare così importante in un ambito, quello dei pagamenti, molto affollato, con player assolutamente strutturati, ho notato che è partita da un'idea semplice.
Ma non solo, l'ha realizzata molto bene, con una visione chiara su come fare per costruire altri servizi attorno al prodotto in modo tale da cominciare a scalare il valore. In questo settore, vedo imprenditori che hanno una visione molto ristretta, magari concentrata sul prodotto ma non sul contorno e sulla crescita.


Spesso gli elementi semplici piacciono molto e sono accolti dal mercato, ma nel tempo hanno poco margine di crescita e per questo è importante avere una visione su come aumentare il valore.

Avere un business scalabile è sufficiente?

Non è sufficiente. Un secondo insegnamento importante è relativo alle comunità di riferimento.
E' importante capire quelli che sono i compratori già motivati, tanto più quando si vuole fare rete. Bisogna entrare in un concetto di piattaforma, perché convincere i clienti è molto costoso e quindi, anziché andare da tutti i proprietari di business per convincerli a scegliere una determinata soluzione per un loro problema, conviene passare dagli sviluppatori delle applicazioni e mostrare i vantaggi, in termini di tempo, di costo o di operatività.
Se pensiamo a Stripe, la semplicità e la chiarezza hanno fatto decollare il business, con un'offerta trasparente. Io sono da sempre attento il tema della trasparenza, sull'ultimo libro che ho scritto e che ho pubblicato durante il World Economic Forum di Davos di due anni fa ho puntato proprio sulla "financial market trasparency", perché la trasparenza è quel pilastro di governance che permetta alle piattaforme e all'economia, ma anche alle democrazie e a tutti i business, di rimanere sostenibili e di creare valore.




Ma cos'è la trasparenza?

E' il modo con cui si dialoga con i clienti che pagavano l'accesso ai pagamenti. Questo ha permesso per esempio a Stripe di partire con un margine ma anche di creare fiducia. Gli sviluppatori che apprezzavano la proposta erano loro stessi la forza vendita che permetteva di far crescere il servizio perché erano in grado di spiegarlo e tutti comprendevano la value proposition.
Dal piccolo si sono creati un network basato sulla semplicità e sulla trasparenza, ma anche visione e questo gli ha permesso di crescere velocemente e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Le tre regole che vorrei portare all'attenzione di tutti gli imprenditori italiani servono per spiegare che non è possibile scalare se non si ha una visione molto più a lungo termine e deve essere legata al mondo delle piattaforme. La quarta rivoluzione industriale è legata alle piattaforme, che permettono all'industria di trasformarsi da canali distributivi di prodotti che sono proprio legati all'output, quindi alla quantificazione delle vendite, a canali che permettono ai clienti di raggiungere i propri scopi, quelle che si chiamano outcome.


Questa è la cosa più complicata e difficile di tutte.

Ce la può spiegare semplicemente?

Il mondo dell'output lo spieghiamo con la Fiat Chrysler (FCA). La Fiat avrebbe un interesse nel mondo dell'auto nel vendere un milione di macchine il prossimo, quindi l'obiettivo è produttivo, legato ai processi della catena di montaggio e di distribuzione e vendita.
Tutti misurano il successo di quest'iniziativa con le vendite. Un altro modo può essere quello di servire il mondo della mobilità e far sì che 10 milioni di italiani possano raggiungere il lavoro con il car sharing, non devono comprare necessariamente la macchina, si devono occupare del loro obiettivo finale. Questa è una trasformazione, l'obiettivo cambia perché cambia il modo con cui le persone interagiscono tra di loro.
Avviene in molte industry, trasformando la vendita in un servizio. Per il mondo della banca vuol dire, come esempio di output, vendere un miliardo di euro in asset under management di un fondo monetario, quindi quanti di questi asset vengono venduti e su quanti clienti.



C'è un fattore umano, l'asset manager, che prepara il materiale per il canale distributivo retail e questo lo propone ai propri clienti. Ma oggi la banca deve domandarsi quanti dei clienti possono raggiungere i propri obiettivi che sono personali o finanziari e si fa pagare per questo servizio. In un periodo di tassi negativi, non c'è più possibilità di remunerare sufficientemente il processo e quindi si stanno interrogando sul futuro. Se pensiamo che la più grande banca svizzera, UBS, non è più una banca perché a luglio dell'anno scorso FTSE Russell ha detto che esce dall'indice delle banche ed entra in quella degli asset manager.
Così come la seconda banca svizzera, Credit Suisse è stata classificata come una "diversified financial conglomerate". Si sta verificando la trasformazione per cui il prodotto bancario non è più capace di generare le revenue come faceva precedentemente nel canale distributivo. Mettere al centro il cliente pensando di usare i dati semplicemente per raggiungere un obiettivo migliore sui prodotti venduti al cliente non potrà essere sostenibile nel lungo periodo, perché questi prodotti hanno un margine sempre più basso.


Ciò che bisogna capire è come creare quella che io chiamo una "human relationship", come trasformarsi verso la outcome economy.

Ma le fintech sono allineate a questo suo pensiero?

Molte fintech, secondo me, non hanno compreso questo meccanismo e anche le banche hanno fatto fatica a capirlo. Il sistema bancario a livello internazionale ha cominciato a spostarsi in questa direzione, ma penso che coloro che riusciranno ad avere una maggiore consapevolezza avranno la possibilità di fare il passo successivo. Mentre quelle che non avranno questa consapevolezza probabilmente non ce la faranno.
Il mio lavoro consiste nel comprendere i modelli di business, nell'intersezione con la tecnologia all'interno di sistemi regolamentari che sono sempre diversi, Singapore è diverso rispetto all'Italia o il Canada. E' un business in continua evoluzione, ma ci sono dei trend precisi. E' veramente importante essere in grado di capire come localizzare i servizi all'interno del territorio, ma le condizioni macroeconomiche in cui le economie mondiali si stanno sostanzialmente muovendo rappresentano il cuore della finanza oggi.


Non bisogna trascurare che la finanza era quell'industria trasversale a tutte le altre industrie, perché tutti hanno necessità di pagamenti e di finanziamento e via di seguito, ma oggi viene disintermediata dalla tecnologia. Il digitale è trasversale e coinvolge davvero tutti.

Quali sono le tendenze che sta vedendo in questo periodo?

Ci sono due grandi tendenze. La prima è quella del "contextual banking", creare delle piattaforme non bancarie. Pensiamo semplicemente prendere un mutuo su Amazon oppure quando paghiamo per Uber, cioè usiamo un servizio bancario dove prima non c'era.
Colleghiamo con trasparenza e fiducia il nostro conto corrente alla piattaforma e paghiamo. La seconda è la trasformazione verso la banca consapevole, che della pianificazione finanziaria che porta con sé anche il mondo del credito come remunerazione della relazione. Lo vediamo negli Stati Uniti con Morgan Stanley, in Svizzera UBS; lo vediamo in Goldman Sachs che cerca di fare la stessa cosa in meno anni ma con l'utilizzo della tecnologia. La banca manterrà la sua differenziazione rispetto alle piattaforme di contestualizzazione che sono quelle tipiche del mondo eCommerce, del mondo travel o comunque di quelle cinesi come Ant financial e Wechat che sono legate alla comunicazione.



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