Già nel secondo semestre del 2020 sono emersi segnali incoraggianti: il grado di utilizzo degli impianti, dopo il crollo dei primi sei mesi dell'anno quando più della metà delle imprese segnalavano una riduzione, ha mostrato evidenze di recupero, con il 21% delle imprese che dichiara di aver registrato un aumento e "solo" il 31% una diminuzione.
Sempre secondo l'ultima indagine condotta da Cosmetica Italia, l'83% delle imprese dichiara di poter raggiungere un nuovo equilibrio, recuperando quanto perso nel corso del 2020, già entro la fine del 2021.
In prospettiva, le maggiori opportunità di crescita saranno offerte dai mercati internazionali.
Su tutti la Cina e gli Stati Uniti che sono i primi due principali importatori mondiali di prodotti della cosmetica, con una quota rispettivamente pari all'8,1% e al 9%.
La Cina già nel 2020 è riuscita a chiudere l'anno con un lieve aumento dei consumi, mentre gli Stati Uniti sono attesi recuperare il terreno perso nel corso del 2021.
Il percorso di recupero sarà più lento in Europa e, in particolare, in Italia, dove, secondo le proiezioni della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, solo nel 2023, si tornerà sui livelli del 2019.
Pesa il lento rientro alla normalità del tasso di risparmio, dopo il balzo dello scorso anno.
Le imprese italiane della cosmetica possono cogliere queste opportunità .
Siamo altamente competitivi sui mercati grazie alle filiere
Dalle elaborazioni realizzate sui dati CEPII-BACI emerge l'elevata competitività italiana sui mercati esteri: nella classifica internazionale l'Italia ha guadagnato una posizione in dieci anni, salendo al quarto posto con una quota di mercato pari al 5,9%, grazie soprattutto ai progressi sperimentati nell'alta qualità , dove siamo al 6,6%, 1,3 punti percentuali in più rispetto a dieci anni prima.
Si tratta di risultati non casuali.
La cosmetica italiana presenta un'intensità di ricerca e sviluppo pari al 6% e ha mantenuto alto il suo impegno sul fronte dell'innovazione anche nel corso della crisi: il 40% delle imprese nel secondo semestre del 2020 dichiara di aver aumentato gli investimenti in ricerca e sviluppo (fonte: Cosmetica Italia).
La capacità innovativa, infatti, è uno dei punti di forza del settore, insieme agli alti standard qualitativi, alla flessibilità e all'adattamento al contesto.
E' stata premiante la presenza in Italia di filiere di fornitura complete e radicate nel settore della cosmetica.
Secondo le elaborazioni della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, nel 2019 l'80% degli acquisti di prodotti intermedi nel settore interessava fornitori strategici, ovvero fornitori che tra il 2016 e il 2020 hanno interagito con il committente almeno quattro anni su cinque: questa quota era pari al 71% nel 2016.
Per quanto riguarda gli acquisti di servizi, la quota di fornitori strategici è salita al 66%, dodici punti percentuali in più rispetto a tre anni prima.
Le partnership strategiche sono spesso di prossimità e ben radicate a livello locale: sono 143 i chilometri di distanza dei fornitori strategici di beni intermedi (40 Km in meno rispetto alle forniture occasionali) e 85 i chilometri dei fornitori strategici di servizi (vs 100 Km di quelli occasionali).
La pandemia ha messo a dura prova la tenuta delle filiere produttive della cosmetica: da un lato, si sono osservati allungamenti dei tempi di pagamento soprattutto nel Centro-Sud, dall'altro si è assistito a una revisione delle politiche di acquisto, dirette soprattutto a diversificare e ampliare i mercati di approvvigionamento.
Sono questi i risultati che emergono da un'indagine condotta sulla rete di gestori di Intesa Sanpaolo tra ottobre e dicembre del 2020.
Inoltre, dall'analisi degli acquisti delle imprese della cosmetica nei primi nove mesi del 2020 emerge come poco più del 6% di questi abbia riguardato nuove relazioni, in gran parte attivate (70%) nelle province specializzate nella cosmetica (Milano, Monza Brianza, Lodi, Como, Bergamo, Firenze, Cremona, Padova, Torino, Bologna, Roma, Parma).
Ciò significa che il territorio, anche in un momento di grande tensione, è rimasto centrale nelle politiche di approvvigionamento e di filiera delle imprese della cosmetica.
Sempre nei primi nove mesi del 2020 è salita l'incidenza degli acquisti in ICT e R&S soprattutto nelle province italiane specializzate nella cosmetica, a conferma dell'elevata propensione del settore a investire in R&S e della crescente attenzione verso il digitale nelle vendite (eCommerce), ma anche nei processi e nell'organizzazione aziendale.
Circa un'impresa su tre nel 2020 ha fatto ricorso allo smartworking e, al contempo, ha attivato il canale online e inserito soluzioni digitali nei processi produttivi e nella logistica.
In estrema sintesi, digitale, R&S, sostenibilità , sicurezza e mercati esteri sono i principali driver di crescita del settore, da cogliere proseguendo lungo la via degli investimenti, materiali ma soprattutto immateriali, da accompagnare con adeguati programmi di formazione.
Il settore ha in sé le risorse per seguire questo percorso: l'ampio peso di disponibilità finanziarie (rispettivamente pari al 6,8% e al 7,8% dell'attivo delle imprese di produzione e di distribuzione di cosmetici) ha consentito a diverse imprese della cosmesi di far fronte ai fabbisogni di liquidità causati dalla crisi pandemica.
Ma soprattutto l'alta e crescente incidenza del patrimonio netto sul passivo (soprattutto tra le imprese di produzione dove nel 2019 è salito al 31,8%) è cruciale per affrontare con un sufficiente equilibrio economico-finanziario gli investimenti che le imprese della cosmesi dovranno implementare per cogliere le opportunità presenti sui mercati.
Ciononostante, anche nella cosmetica è presente una quota di imprese più fragili sul piano finanziario, soprattutto tra le imprese di più recente costituzione: il 18,6% delle aziende presenta un'incidenza del patrimonio netto sul passivo inferiore al 10% (che rappresentano il 6,5% del fatturato del settore), con punte del 35,4% tra le startup costituite dopo il 2013.
Saranno soprattutto questi i soggetti a essere chiamati a rafforzare la propria struttura patrimoniale, in un contesto che richiede più investimenti.
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