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10/02/2021

idee

Fashion: innovazione e collaborazione incrementano la resilienza in questo periodo di pandemia

Katiuscia Terrazzani (Ayming): la capacità delle aziende di muoversi in ottica futura, cercando di anticipare le tendenze del mercato può fare la differenza. Sempre facendo sistema

L'emergenza COVID-19 ha fatto sentire i suoi effetti su ogni settore, compreso quello della moda. Quando l'interazione interpersonale si riduce e il distanziamento sociale diventa la norma, un mercato basato sul fattore estetico non può certamente che soffrire. Che si tratti di un tema rilevante anche a livello macroeconomico lo dicono i numeri: nel 2019 il settore del fashion ha visto i primi 100 brand del mondo fatturare complessivamente 280 miliardi di dollari, prima dell'obbligatoria contrazione sui numeri assoluti che ha portato il COVID-19.
Ma come si è trasformato il mondo della moda in questo 2020 tanto complesso? Con un occhio verso il futuro, sicuramente. Per sua natura il settore fashion cerca di anticipare i tempi, operando con una o due stagioni di vantaggio. Il 2020 con le sue indiscutibili difficoltà ha rappresentato l'occasione per la moda di concentrarsi su sé stessa e reinventarsi, finendo per mettere in discussione strutture consolidate nel tempo.
Nel mondo del fashion, l'Italia è da sempre un mercato di eccellenza: tra i primi 100 brand del lusso al mondo, ben 22 sono italiani secondo lo studio annuale Global Powers of Luxury Goods di Deloitte, cosa che ci pone al primo posto come presenza in questa prestigiosa classifica.

A livello di fatturato, l'industria italiana del tessile-abbigliamento-accessori rappresenta il 41% della produzione europea, di gran lunga superiore rispetto a Germania e Francia, con oltre il 60% della produzione di alta gamma realizzata in Italia.
L'influenza del Made in Italy a livello globale è molto forte. Il sistema italiano è unico al mondo per le sue caratteristiche di tradizione, innovazione e flessibilità, ma anche di grande reattività grazie a una filiera al tempo stesso estesa e specializzata che va dalla produzione dei tessuti alla creatività degli stilisti, in un equilibrio che tende a valorizzare le differenti qualità.
Se da un lato si parla di un mercato enorme, che nel 2019 ha fatturato oltre 70 miliardi di Euro e vale 1,2% del PIL nazionale, è vero anche che tra le 338.000 aziende distribuite sul territorio che a vario titolo ne fanno parte, molte sono di dimensioni piccole e medie, andando a rappresentare ben un milioni di addetti. Per questo, si tratta un settore che anche a livello macro ha il suo forte peso sul tessuto produttivo ed economico italiano. Un mercato che si è dovuto reinventare.
Quali quindi, i cambiamenti in atto? La prima rivoluzione, per forza di cose, ha riguardato il modo di comunicare.

Se il mondo del fashion vive storicamente di momenti fisici, a cominciare dalle sfilate, e della tattilità dei prodotti, molto di questo è dovuto passare sulle piattaforme digitali, come del resto è già significativamente digitale da molti anni il canale di vendita.
La crisi ha mostrato ulteriormente la solidità della filiera. La trasformazione imposta dall'epidemia ha di fatto accelerato processi di digitalizzazione che erano già in atto. Il peso dell'eCommerce è aumentato a livello esponenziale, i brand che avevano già avviato progetti di trasformazione digitale li hanno intensificati, andando a costruire relazioni nuove e durature con i loro clienti, in ambito B2C ma anche B2B.
Sono diverse le tendenze emerse nel corso del 2020, e che hanno di fatto ridisegnato il rapporto tra brand e consumatori. Questi ultimi hanno rafforzato la loro posizione, chiedendo nei fatti ai brand un motivo per continuare a sceglierli, aggiungendo valore ai prodotti. Sempre più, il valore di un brand è immateriale, rappresenta l'estensione della personalità di chi lo sceglie e chiede in cambio un senso per il proprio comportamento di acquisto.



Tra i valori che sono emersi evidenti in questi ultimi mesi sono la sostenibilità e la ricerca di un approccio etico e di responsabilità verso il sociale, ma anche la personalizzazione, alla ricerca di un rapporto sempre più equilibrato e paritetico tra brand e consumatore. In questo senso va inquadrata anche la crescita della sharing economy, che consente sia di avere un impatto positivo sul mercato e sull'ambiente ma anche di riaffermare il carattere individuale di ogni consumatore, e il seasonless, un approccio differente alla stagionalità tipica del mondo della moda, e il glocal, la valorizzazione su grande scala delle eccellenze locali.
In tutto ciò, la digitalizzazione ha toccato tutti gli aspetti della filiera a cominciare dalla supply chain, con un approccio sempre più integrato tra fornitori, partner e clienti, coinvolti a vario titolo in un processo che genera valore a ogni livello. Parallelamente, si sono ulteriormente digitalizzati i canali di vendita, nel tentativo di avvicinarsi sempre più al cliente, alle sue abitudini e necessità, con la graduale trasformazione del classico store in un hub digitale, in un centro di esperienze non limitate all'acquisto in sé.


Alla base di tutto, ovviamente la tecnologia come supporto necessario abilitante a questo tipo di evoluzione, che non è di per sé tecnologia ma tocca i valori fondanti del mercato.
Guardando al futuro, ci sono due trend che si possono evidenziare: una forte integrazione omnichannel, con l'obiettivo di essere sempre presenti dove il cliente è, sui canali che utilizza e nei tempi che sceglie. A livello fisico, la ripresa sarà sicuramente più lenta perché legata alle restrizioni su viaggi e spostamenti, ma a maggior ragione diventano ancor più importanti le relazioni personali, gestite con tutti gli strumenti a disposizione.
La certezza è quella di trovarsi davanti a un momento di svolta, dal quale non è possibile tornare indietro. Il panorama della moda è cambiato, come è cambiato quello di molti altri mercati. La scelta che hanno a disposizione le aziende è quella di vivere passivamente questo cambiamento, restando in attesa degli eventi, o di affrontarlo, utilizzandolo come leva per rivedere il proprio modello di business, modernizzando i propri processi produttivi, incrementando le attività di ricerca e sviluppo, aprendo nuovi canali o cercando di raggiungere nuovi consumatori.



Mai come in questo momento, la capacità delle aziende di muoversi in ottica futura, cercando di anticipare le tendenze del mercato può fare la differenza, ferme restando le caratteristiche che hanno reso unico finora il mondo del fashion sul panorama internazionale e le hanno consentito di superare la fase più acuta della crisi, su tutte la capacità di fare sistema.

Katiuscia Terrazzani, Country Manager di Ayming


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