L'Eurozona studia il giapponese?
Stéphane Déo (Ostrum AM): la BCE ha reagito più velocemente e più aggressivamente della BoJ, ma non è detto che i risultati sui tassi di interesse siano diversi
Molti parlano di vera e propria Japanification dell'area Euro, ma la risposta è eterogenea. Alcuni tratti in comune sono innegabili: per esempio la traiettoria di crescita, il trend demografico naturalmente, ma anche l'eredità della crisi in termini di convalescenza del settore finanziario.
Non mancano tuttavia le divergenze su aspetti di fondamentale importanza, in special modo per quanto riguarda l'intonazione della politica monetaria. Il risultato su alcuni aspetti non è univoco con, per esempio, una performance del mercato azionario che non ha ancora cancellato gli effetti della crisi, ma che sta mostrando un andamento molto più convincente nel Vecchio Continente.

Il punto principale è allora il fatto che i dubbi rimangono e che l'Eurozona è ancora a rischio.
Senza dubbio ciò significa anche che gli sforzi fatti hanno messo il Vecchio Continente su una traiettoria diversa dal percorso intrapreso dal Giappone, ma anche che la battaglia è tutt'altro che vinta. Uno dei principali fattori del crollo giapponese è lo stato di salute del suo sistema finanziario, che ha zavorrato la crescita impedendo di fatto una ripresa più evidente.
L'andamento del settore bancario europeo è sorprendentemente vicino a quello nipponico, dato questo di certo preoccupante.
Se dovessimo evidenziare la più importante differenza tra l'esperienza giapponese ed europea, faremmo riferimento alla velocità e alla portata della risposta in termini di politica monetaria. La BoJ ha incassato più di una critica per la sua reazione ai maggiori problemi, giudicata troppo timida e tardiva.
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