Col digitale, il popolo è bue e non basta educarlo, serve guidarlo (e obbligarlo) - Punto e a capo
Piccole digressioni intorno al digitale, alla percezione, all'uso e alla diffusione. C'è molto da fare
Se c'è una cosa che abbiamo imparato nel 2020 è che siamo totalmente dipendenti dal digitale.
Preso atto di questo, non possiamo pretendere che tutti siano dei "maghi del computer", ma nemmeno degli assoluti incapaci.
Internet, i dispositivi e la tecnologia in generale hanno bisogno di una conoscenza minima, una grammatica digitale, necessaria per far funzionare tutto.
Dopo anni di assistenza tecnica, creazione di corsi, risposte in TV, articoli e libri, sono giunto alla conclusione che non si può pretendere che le persone sappiano tutto, ma soprattutto, "fare cultura" intorno a questi temi non è per niente facile, non per cattiva volontà delle persone, ma perché è difficile aiutare tutti quanti.

Faccio un esempio veramente banale, ma efficace. C'è un mio video su come creare un avatar per Facebook, che raccoglie costantemente 5000 visualizzazioni al giorno ma che regolarmente Youtube mi toglie, salvo trovarmi i nuovi commenti sui vari social, ma non è questo il punto.
In questo video mostro, passo passo, come crearsi l'avatar che assomiglia all'utente, ma non tutti hanno questa funzione abilitata.
Perché? Perché da una parte la tecnologia evolve, dall'altra la complessità è tale per cui l'abilitazione dell'avatar dipende dai server su cui risiedono i dati dell'utente e dal tipo di privacy, nonché se l'applicazione, per esempio su smartphone, è stata aggiornata.
I parametri, quindi, sono tanti ed è impensabile tenere conto di tutti.
Vale per questo esempio banale, ma vale un po' con tutto.
Quando parliamo di digital transformation, per esempio, si rischia di banalizzare la questione o di complicarla all'infinito, dipende dal grado di astrazione con cui si affronta l'argomento.
Trasferire queste informazioni alle imprese non è per niente facile.
Ma qui entriamo un po' in un'altra fase: chi si può arrogare il diritto di decidere quali sono le conoscenze minime? Ma soprattutto, se queste conoscenze minime cambiano con il passare del tempo, che senso hanno?