Big Data in crescita esponenziale ma sono un valore solo se analizzati correttamente
Stefano Musso (Primeur): un processo di Data Integration smart, flessibile ed efficiente offre la sicurezza di avere dei dati raccolti e organizzati al momento opportuno, per poterli utilizzare al meglio
Mai come lo scorso anno in tutto il mondo la gestione dei dati è stata fonte di accesi dibattiti sul fronte socio-economico e sanitario. La pandemia da Coronavirus ha messo in evidenza la loro importanza nei processi decisionali delle società contemporanee.
Come riportato da Data Science Central, nel 2020 l'ammontare dei dati creati, copiati e consumati a livello globale ha raggiunto i 59 zettabytes. Solo nell'ultimo anno, complice la pandemia, il valore è cresciuto del 44%, passando da 41 a 59 zettabytes e, secondo le previsioni, nel 2024 si raggiungerà una crescita del 152%, toccando quota 149 zettabytes.
È recente la campagna di sensibilizzazione #datibenecomune in cui 162 organizzazioni promotrici, tra cui ONG, associazioni e testate giornalistiche, hanno chiesto al Governo italiano dati pubblici, continuamente aggiornati, ben documentati e facilmente accessibili a ricercatori, decisori, media e cittadini, così da poter monitorare e gestire al meglio l'emergenza da COVID-19. Una richiesta che mostra una presa di coscienza sul ruolo che i dati ricoprono nella gestione della pandemia e più in generale nella società moderna.
Secondo gli esperti del settore, infatti, a livello nazionale è mancata una politica di integrazione delle banche dati e una loro successiva analisi ed elaborazione: per avere una visione trasversale, le informazioni disponibili devono essere raccolte, analizzate e controllate attraverso il processo che prende il nome di Data Integration.
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