Una comfort zone per il lavoro del futuro
A 50 anni dallo Statuto dei lavoratori possiamo pensare ad un suo radicale rinnovamento? Ci provano gli autori prendendo in esame le caratteristiche della generazione Z, composta da giovanissimi
Il lavoro è sempre più un bene raro, fondamentale per la propria sussistenza e per la prospettiva di ripresa del Paese. Già, ma di quale lavoro parliamo? Chi ne ha ancora uno se lo tiene strettissimo. Soprattutto chi abbia scelto la dipendenza come regola di vita. Per tutti gli altri, le partite IVA per intenderci, è già una battaglia quotidiana.
In questo contesto si collocano i protagonisti del futuro, ovvero i milioni di giovani che compongono la generazione Z. Quale lavoro cercano e, soprattutto, quale sistema di regole deve accompagnare il loro ingresso nel mondo produttivo?
Di questo tratta il libro "Generazione Z e lavoro. Vademecum per le imprese e i giovani", scritto da Paolo Iacci (manager di lungo e autorevole corso) e Francesco Rotondi (avvocato giuslavorista tra i più stimati) per la collana FrancoAngeli HR Innovation, prodotta in collaborazione con Aidp (Associazione italiana per la direzione del personale).
La generazione Z, per intendersi, è la prima a non aver memoria diretta del Novecento, ha tra i 20-24 e sta compiendo il proprio percorso di transizione scuola-lavoro. Soggetti non facili, premettiamolo, dove l'umiltà dell'età lascia spesso il passo ad una immotivata supponenza.
Il testo pone una domanda al centro della sua riflessione: come regolare il rapporto per i giovani che in questo complesso momento storico si affacciano al mercato del lavoro? Un mondo in cui non solo cambiano le imprese e con esse il concetto stesso di lavoro e prestazione ma, soprattutto, il boom tecnologico ridisegna l'idea stessa di prestazione e di subordinazione.
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