Con la seconda ondata, a rischio investimenti in scadenze lunghe e PMI
Michele de Michelis (Frame): dobbiamo abituarci a vivere sempre di più nell'incertezza di qualsiasi cosa e cercare di pensare con la nostra testa in tutte le situazioni, rispettando le regole di buon senso
Spesso mi chiedo: se fossi vissuto in un'isola deserta, come il protagonista di "Cast away", per un anno e tornassi ora alla civiltà, cosa penserei e soprattutto come vivrei la situazione attuale?
Se apro un giornale, oppure accendo la televisione, non faccio altro che vedere dichiarazioni di allarme sulla diffusione del COVID-19 e i suoi effetti.
Quindi, se non sapessi nulla, mi documenterei il più possibile ricorrendo alla statistica pura, magari abbinata alla osservazione empirica dei comportamenti.

Chiaramente con una mente scevra da condizionamenti passati, sarei sicuramente più obiettivo di quanto potrei mai esserlo ora.
Pur tuttavia, i numeri sono numeri e non mentono e quello che vedo in questa seconda ondata è diverso da quello che vedevo a marzo.
Sette mesi fa si facevano 20-25.000 tamponi al giorno e la media dei positivi era il 30 percento, adesso si fanno 150-160 mila tamponi al giorno e la media dei positivi è intorno all'8 percento.
Se guardiamo poi al numero dei ricoveri e delle terapie intensive, le differenze sono enormi.
In particolare, la terapia intensiva, che ha avuto un massimo di 4.509 presenze contro le 750 di oggi.
Sia chiaro che io non sono un negazionista nè tantomeno un fomentatore di folle, sto semplicemente esponendo dei numeri che sono pubblicati ogni giorno sui media specializzati.
Il problema esiste e non è in discussione, però perché creare il panico tra la popolazione attraverso dei numeri che fanno rabbrividire senza alcun confronto? Perché non ci dicono anche cosa succedeva a negli anni passati per tutte le altre malattie, in modo da poter avere un paragone oggettivo?