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28/10/2020

leisure

Università, didattica ed esami: storia di mille calvari - Punto e a capo

 

Una vera giungla tra live e registrazioni, esami con smartphone di controlli e connessioni che non vanno

"I ragazzi devono andare a scuola" è uno dei mantra di questo periodo, e non solo in Italia, visto che ci sono nazioni che sono entrate in un nuovo lockdown ma che lasciano aperte le scuole in presenza, perché è bene ricordarlo, anche con la didattica a distanza le scuole sono aperte, ma non entriamo nella demagogia.
Non volendo trattare la questione dal punto di vista sociologico e psicologico, voglio far emergere un problema enorme che i ragazzi che stanno frequentando le università vivono quotidianamente e che è la dimostrazione pratica di quanto l'Italia sia impreparata a gestire il digitale.

Università, didattica ed esami: storia di mille calvari - Punto e a capo

Sono passati 6 mesi dal primo lockdown ma la situazione in molte università non è cambiata molto, anzi, se vogliamo dirlo, è pure peggiorata.
Lezioni che saltano per la connessione, per il computer che non funziona, perché non ci si riesce a connettere al sito della facoltà, nonché registrazioni che si perdono nel cloud e slide che sono state salvate in formati incomprensibili sono la normalità, non un'eccezione. Per non parlare della noia delle lezioni registrate con professori con un unico tono di voce che leggono i propri appunti e non interagiscono con gli studenti.
La questione è trasversale, vale per Università Statali e per quelle private.
A tutto questa difficoltà si aggiungono gli esami in remoto, un vero e proprio calvario, tra l'installazione di Respondus ai vari sistemi di controllo, spesso anche incrociato con un cellulare che deve inquadrare lo schermo del computer, nonché rilevatori di attenzione degli studenti del tutto automatici e del tutto inefficienti, con dialoghi aperti durante l'esame che ovviamente interrompono la concentrazione degli studenti.

Quanti esami saltano perché manca la connessione o non ci si riesce a collegare al sistema che, quasi ineluttabilmente, va in tilt?
Si potrebbero comprendere questi tipi di problemi nelle scuole, ma nelle Università, laddove ci dovrebbe essere la crème della crème della cultura italiana, dove si spendono e si investono molti soldi, non è davvero possibile.
L'impreparazione dei professori era accettabile ad aprile, a ottobre è una cosa oltraggiosa.
Eppure ci sono casi di eccellenza, facoltà che affiancano all'esame gli studenti con dei bot che verifichino che tutto sia funzionante, con assistenza tecnica in prima battuta digitale e in seconda battuta fisica per i docenti, ma soprattutto un'educazione al digitale.
La fotografia della situazione attuale, però, dice anche che non ci sarà più differenza tra una facoltà in una città o in un'altra se la presenza non sarà necessaria, aumenterà la competizione e, in ultimo, le facoltà straniere potrebbero portare via professori validi e studenti.

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Forse sarebbe il caso che qualcuno riflettesse sulla situazione e ponesse rimedio, prima che sia veramente troppo tardi e una Google si possa permettere di creare una propria Università, iperspecializzata (e funzionante).


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