"Il boom di investimenti in innovazione del 2019 ha aiutato molti studi a resistere e continuare a operare durante la crisi COVID-19, ma l'emergenza ne ha rivelato fragilità che le sole tecnologie non possono compensare", afferma Claudio Rorato, Responsabile Scientifico dell'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale (nella foto).
"Per essere più competitivi e resilienti a nuove potenziali crisi e passare da una condizione di fragilità a una di ?antifragilità ' - che rende le organizzazioni capaci di trasformare le difficoltà in opportunità - gli studi devono riorganizzare i processi lavorativi per raggiungere una maggiore flessibilità ed efficienza interna, potenziare la capacità di leggere il mercato e capirne i bisogni per offrire nuovi servizi di valore e nuove modalità di relazione col cliente, stimolare e valorizzare la collaborazione fra colleghi e fra professionista e cliente".
"Gli studi professionali hanno aumentato gli investimenti nel digitale più delle aziende (+18% contro +2,3%) e questa tendenza continuerà anche nel 2020 (+4,8% contro +0,9%), segno di una cultura digitale sempre più matura", afferma Federico Iannella, Ricercatore dell'Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale.
"Ora è tempo di mettere a frutto questo capitale d'innovazione per ripensare i modelli organizzativi in un'ottica di maggiore efficienza e resilienza".
Gli investimenti ICT degli studi - Nel 2019 soltanto il 2% degli studi non ha stanziato risorse per le nuove tecnologie, un quarto, ha speso mediamente oltre 10mila euro (+20% rispetto al 2018), il 42% una cifra compresa fra 3mila e 10mila euro, uno su cinque fra mille e 3mila euro e l'11% meno di mille euro.
Gli studi multidisciplinari sono quelli che hanno investito di più, in media 22.800 euro, seguiti da commercialisti (11.500 euro), consulenti del lavoro (8.900 euro) e avvocati (6.700 euro).
Nel 2020 soltanto il 10% diminuirà il budget ICT, il 60% lo manterrà invariato, il 30% lo aumenterà .
Fra gli studi che prevedono un incremento, il 16% destinerà fino a un 20% di risorse in più, il 9% fino al 50% e il 5% le aumenterà di oltre il 50%.
Le tecnologie più diffuse sono la firma elettronica, utilizzata dal 98% degli studi legali e multidisciplinari e dal 96% di commercialisti e consulenti del lavoro, e la firma digitale remota (78% degli avvocati, 90% dei commercialisti, 79% dei consulenti del lavoro e 93% dei multidisciplinari).
I professionisti con la maggior presenza online sono i legali: il 71% che ha un sito web, il 60% ha almeno un canale social, il 6% usa forum, blog o social network aziendali interni.
Seguono gli studi multidisciplinari, fra i quali il 63% ha un sito web, il 57% una pagina social, nell'11% è presente un forum, un blog o un social network aziendale.
Più limitata la presenza sul web di commercialisti e consulenti del lavoro, che hanno un sito web rispettivamente nel 54% e 41% dei casi, solo il 47% e il 46% hanno attivato un canale social media e appena il 5% e il 3% usano blog, forum e social network aziendali interni.
Ancora marginale la diffusione di tecnologie di frontiera come l'intelligenza artificiale (impiegata dal 9% dei legali, dall'8% dei commercialisti, dal 10% dei consulenti del lavoro e dal 14% degli studi multidisciplinari) e della blockchain (presente solo nel 2% degli studi legali e multidisciplinari e nell'1% dei commercialisti).
Il Competitivity Index
L'Osservatorio ha ideato il Competitivity Index, un indicatore pensato per aiutare gli studi professionali e le relative organizzazioni associative a raffinare la strategia, a prendere le decisioni e a individuare più facilmente i punti di forza e di debolezza, adottando anche una comunicazione distintiva.
Il Competitivity Index misura e analizza le performance degli studi negli ambiti Innovazione (uso del web marketing, variazione degli investimenti in tecnologie, impiego di piattaforme digitali per sviluppare la clientela e gestire la visibilità ), Organizzazione (esistenza di smart working e knowledge management, impiego di strumenti di approfondimento della conoscenza, supporti tecnologici che impattano sul modello organizzativo), Mercato (numero e tipologia di clienti, iniziative per ricercare clientela, portafoglio servizi), Competenze (formazione effettuata e programmata per dipendenti e professionisti, capacità d'uso degli strumenti informatici, tipologia di competenze professionali) e Collaborazione (la capacità di stimolare collaborazione nello studio e con clienti, fornitori, altri studi, banche, PA etc).
Dall'analisi emergono quattro gruppi di studi in ordine di competitività .
I "Fragili" sono gli studi più deboli, che necessitano di una strategia di cambiamento in tutte le cinque dimensioni di analisi; le competenze professionali sono elevate ma spesso eccessivamente focalizzate su aree di servizio standardizzate, mentre i modelli organizzativi e di business si limitano prevalentemente a un'economia di vicinato.
I "Vulnerabili" sono gli studi che hanno raggiunto un buon livello di stabilità , ma sono ancora standardizzati in termini di servizi offerti, processi lavorativi e competenze interne.
I "Resilienti" sono gli studi che di fronte alla difficoltà sanno reagire velocemente, dimostrando elevata capacità di adattamento e di garantire alla clientela trasparenza, efficacia e continuità dei servizi.
Gli "Antifragili", infine, sono gli studi con i modelli organizzativi e di business più evoluti, una cultura innovativa e la capacità di saper cavalcare le difficoltà trasformandole in opportunità .
Gli studi multidisciplinari sono mediamente i più maturi e competitivi in tutti i cluster individuati dalla ricerca, tranne che nel gruppo dei "Fragili" dove primeggiano i commercialisti, con i punteggi più elevati negli ambiti Organizzazione e Competenze.
Seguono i commercialisti e i consulenti del lavoro, che registrano le migliori performance nell'ambito Competenze.
Gli avvocati nonostante esprimano casi di eccellenza, soprattutto fra gli studi più grandi e quelli piccoli molto specializzati su un settore, e un buon punteggio nell'ambito Innovazione, mediamente risultano i meno competitivi in tutti i cluster, tranne nel gruppo dei "Fragili" dove il fanalino di coda sono i consulenti del lavoro.
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