In un mondo alle prese con la pandemia la comunicazione corporate è quasi più importante di quella di prodotto. E anche il sales deve adeguarsi
I brand devono evolversi e comunicare in modo differente per esser più efficaci e costruirsi (o ricostruirsi) una nuova immagine agli occhi del consumatore. Perché il cambiamento è iniziato anche prima della pandemia e occorre adeguarsi per stare sul mercato. Ne abbiamo parlato con Daniela Corsaro, professore associato di marketing e vendite presso l'Università IULM.
Come sta evolvendo il modo di comunicare in quest'epoca di pandemia?
Indubbiamente il cambiamento nel modo di comunicare che la pandemia ha generato è importante, ma c'era già un cambiamento in atto. La comunicazione, il marketing e le vendite stanno evolvendo, però c'è stata una forte accelerazione. Abbiamo trovato delle aziende che effettivamente hanno colto questa onda e stanno cambiando, ma ne vediamo altre che sono più lente in questo processo.
Cosa avete osservato con le ricerche dell'Università IULM?
Un ritorno al concetto della "purpuse" aziendale, dove il brand non deve più solo comunicare il prodotto; o meglio la comunicazione del prodotto è destinata ad essere molto meno efficace rispetto al passato, a favore di altre dimensioni.
Purpose significa trasmettere i significati profondi (deep meaning), l'attenzione innanzitutto alla sostenibilità, alla comunità e vedere il consumatore non solo come il ricevente dell'offerta ma nel suo complesso, con tutte le sue identità.
Il brand credo che debba comunicare non solo al cliente ma mostrare attenzione e sensibilità verso tutta una serie di player che ruotano attorno come, per esempio, i fornitori, gli stakeholder e via di seguito. Se noi guardiamo comunque i dati del RepTrack Company (già Reputation Institute), che ha condotto una ricerca per misurare questo trend pre-covid, in merito alla comunicazione di prodotto rispetto a quella legata più alla comunicazione corporate, si vedeva che la prima è passata da 43,2% nel 2014 mentre nel 2019 è diventata 34,9%, ma la comunicazione corporate aumenta del 8,3 punti per arrivare a pesare il 65,1%.
Era un trend in atto, figuriamoci ora con la pandemia cosa sta accadendo!
Ora i consumatori non hanno proprio voglia di perdere tempo e quindi i brand devono cambiare strategia, perché quella comunicazione che risulta essere anche solo lontanamente un po' manipolativa o un po' troppo persuasiva non è più gradita, perché il COVID-19 ha generato incertezza nelle persone e noi tutti come esseri umani quando percepiamo l'incertezza e il bisogno di fiducia, di rassicurazioni.
E come si crea questa fiducia?
Per un brand significa creare una connessione estesa e relazionale, basata sui valori. I consumatori sceglieranno sempre di più quei brand che ritengono che possano migliorare la propria vita, un aspetto, oppure portino un vantaggio concreto. C'è una maggiore "consapevolezza" dei consumatori, ma anche una maggiore razionalizzazione dei bisogni e delle aspirazioni.
Per esempio, nel fashion abbiamo condotto delle analisi attraverso un osservatorio dell'Università IULM e un'azienda di digital intelligence, Buzztech, dove abbiamo analizzato milioni di feed dall'inizio dell'anno sui social media e analizzato le conversazioni. Abbiamo visto un incremento drammatico dei concetti di "sustenaible fashion", "slow fashion" o "ethical fashion".
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