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22/07/2020

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In Italia si dichiara sotto pressione il 66% dei lavoratori

 

Campagnoli (ADP): lo stress da COVID-19 con problemi di autoisolamento e sicurezza sul lavoro incidono molto, mentre il "superlavoro" rappresenta un rischio per chi lavora in smartworking. Le HR non devono trascurarli

È del 23% la percentuale di coloro che in Italia dichiarano di risentire mentalmente e fisicamente di ansia a stress da lavoro ogni giorno, praticamente un italiano su 4. Un altro 43% dice di vivere questa situazione non giornalmente, ma settimanalmente, spesso anche due o tre giorni a settimana. Circa il 18% prova malessere solo poche volte al mese, mentre un fortunato 12% dichiara di non sentirsi mai stressato.

In Italia si dichiara sotto pressione il 66% dei lavoratori

I numeri emergono dalla survey "The Workforce View 2020 - Volume Uno" realizzata da ADP, multinazionale leader nell'ambito della gestione delle risorse umane, che ha intervistato circa 32500 lavoratori in tutto il mondo, 2000 in Italia, esplorando le opinioni dei dipendenti riguardo alle problematiche attuali sul posto di lavoro e il futuro che si aspettano.
La fascia d'età più colpita è quella tra i 35 e i 54 anni: si dichiara giornalmente sotto pressione il 26%. Anche dopo i 55 anni la percentuale rimane alta al 23%, mentre scende al 20% dai 25 ai 34 e al 13,5% dai 18 ai 24 anni. Non vi sono invece differenze significative tra i sessi: uomini e donne si sentono stressati nella stessa misura.
Sommando le risposte di chi si sente stressato tutti i giorni, chi più volte a settimana o chi prova ansia solo qualche volta al mese, è possibile tracciare una classifica dei settori in cui i lavoratori risentono maggiormente di stress. Al primo posto il settore della finanza (bancario, assicurativo, intermediazioni) con una percentuale del 93%, seguono i servizi professionali con il 90% (pubblicità, pubbliche relazioni, consulenza, servizi commerciali, legale, contabilità, architettura, ingegneria, progettazione di sistemi informatici) e chi lavora nel campo media/informazione (editoria, radio, televisione, cinema...) con l'87%.

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I motivi causa di stress sono molteplici: ansia del risultato, eccessiva mole di lavoro, senso di frustrazione derivante da una paga poco premiante o da una carriera che stenta a decollare nonostante i numerosi sacrifici, ma anche la preoccupazione di non poter coniugare al meglio lavoro e vita privata.
Attualmente, alle classiche cause, bisogna aggiungere lo stress da COVID-19: i problemi di autoisolamento e sicurezza sul lavoro incidono molto sui lavoratori, mentre il "superlavoro" rappresenta un rischio per chi lavora in smartworking, ovvero per chi si trova a dover imparare a gestire un tempo lavorativo che entra ormai prepotentemente in quello famigliare o privato.
Secondo recenti stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la depressione e l'ansia costano all'economia globale 1 trilione di dollari all'anno in perdita di produttività, con circa 264 milioni di persone in tutto il mondo che soffrono di depressione. Il periodo che stiamo vivendo potrebbe peggiorare la situazione.

Un altro dato interessante che emerge dalla survey riguarda il fatto che il 27,5% degli italiani dichiara che non vorrebbe parlare a nessuno di un eventuale disagio di stress, ansia o depressione sul posto di lavoro, preferendo la riservatezza. È più alta però la percentuale di chi ne parla con il capo o il proprio responsabile (30%) mentre il 32% ne parla solo con quei colleghi che ritiene ormai essere amici.
"Lo stress eccessivo e cronico può portare il lavoratore ad avere problemi di salute psicologica. I datori di lavoro e i responsabili HR, dovrebbero prendere in considerazione l'importanza di alleviare l'onere per i lavoratori sotto pressione. Purtroppo, i lavoratori stessi sono restii a parlare del problema, temono li possa danneggiare nella carriera, ma i team delle risorse umane possono svolgere un ruolo importante in modo che il personale si senta supportato nel farsi avanti. Aumentare la consapevolezza del problema all'interno delle organizzazioni, mettere in atto politiche per affrontarlo e indicare come i dipendenti possono ottenere aiuto sono alcuni dei modi in cui i datori di lavoro possono dimostrare che stanno prendendo sul serio il problema della salute psicologica dei propri lavoratori", commenta Marisa Campagnoli, HR director di ADP Italia.

"Per quanto riguarda il periodo storico che stiamo vivendo, quando i lavoratori percepiranno le conseguenze dell'isolamento sociale, della malattia o della mancanza di lavoro e delle preoccupazioni finanziarie, è probabile che si verifichino tensioni ancora più forti. I datori di lavoro non devono assolutamente trascurarli. Sarà una sfida, soprattutto per le grandi organizzazioni in cui il personale lavora in remoto. Tuttavia, è un problema che le risorse umane dovranno affrontare, sia ora sia quando i lavoratori torneranno sul posto di lavoro, il che creerà un altro sconvolgente stress a cui riabituarsi", conclude Campagnoli.



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