Algoritmi e social al tempo del #StopHateForProfit - Punto e a capo
Si può limitare la libertà di parola e di espressione? E fino a che punto si può intervenire?
I social network sono sotto scacco. Non è una questione solo di post che non vengono rimossi, ma la questione sta diventando ideologica.
Premetto la mia posizione, lo dico subito, che è di libertà assoluta perché se c'è libertà di espressione, sancita dalla Costituzione, non capisco la censura che potrebbe essere operata da un social network su quali basi possa appoggiarsi, è altrettanto evidente che lo strapotere di questi social sta diventando quanto meno discutibile.
Parlerei di casi che ho vissuto in prima persona nell'ultimissimo periodo, non devo nemmeno andare troppo in là nel tempo. La diretta Facebook del #LateTechShow in edizione spagnola, condotto da Michele Iurillo, è stata bloccata due volte per un reclamo non ben precisato, che ha comportato anche il blocco temporaneo della pagina Facebook. Ovviamente non c'era nessun contenuto che andasse contro le norme d'uso e tutto è stato ripristinato nel giro di pochissime ore. Youtube ci ha inviato un messaggio di violazione della privacy relativo a un'intervista, ovviamente rilasciata regolarmente. Nonostante avessimo fatto presente che non si trattava di nessuna privacy violata ma di intervista giornalistica, abbiamo ottenuto che il video sia visibile ovunque tranne in Svizzera.
In base a cosa non si sa ma nessuno ha mai pensato di rispondere. Linkedin mi ha bloccato per una giornata sostenendo che stavo violando i termini di utilizzo perché "attraverso il mio account è stato visualizzato un numero insolitamente elevato di pagine e di profili di utenti", quando non ero nemmeno davanti a uno schermo.
A queste operazioni si aggiungono segnalazioni di amici cancellati da Google Adsense, account di affiliazione Amazon e persino account di eBay andati in fumo, nonché le richieste che restano inascoltate di violazione di copyright o, peggio ancora, di sostituzione di nome, per altro registrato.
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