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08/07/2020

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Sacerdote: viviamo un momento storico e il futuro inizia adesso

Oggi le frontiere del nuovo sapere sono la tecnologia e il digitale. L?Italia è in ritardo su entrambi i fronti. Molte aziende lo hanno capito e hanno iniziato a investire in questi ambiti

L'avvento del "new normal" post COVID-19 mette in discussione i modelli di business e di marketing che abbiamo visto finora. Le aziende dovranno cambiare e adattarsi alla nuova realtà, specialmente le PMI, che sono chiamate a un cambio di paradigma culturale. Ne abbiamo parlato con Emanuele Sacerdote, imprenditore, scrittore e docente, in occasione della pubblicazione del suo ultimo libro "Legendary Brands. Elogio all'irripetibilità, alla scalabilità e al fascino".
Cosa significa essere un Legendary Brands e come lo si diventa?

Sacerdote: viviamo un momento storico e il futuro inizia adesso

Partiamo da una considerazione: se è ripetibile, se è ordinario e se è consuetudinario non può essere leggendario! Mi piace pensare che i Legendary Brands costruiscano una super-nicchia di mercato - lo stardom - che, nella sostanza, raccoglie quei capolavori di grande alchimia di irripetibilità, di scalabilità e di fascino, quali fattori portanti e caratterizzanti che forgiano un vantaggio competitivo e una fortuna imprenditoriale leggendaria e duratura.
In estrema sintesi, tutto il mio lavoro si potrebbe riassumere dicendo: "Pochi possono essere considerati bellezze. Pochissimi possono essere considerati capolavori leggendari". Quello che voglio dire, è che non basta avere una bella storia, essere grandi, essere leader di mercato per essere un marchio leggendario.
I Legendary Brands hanno avuto la capacità di costruire un percorso imprenditoriale unico composto da una serie di intenzioni e di gesti che sono stati rari, epocali, dirompenti e consacrati nel tempo e, quindi, sono diventati leggende incontrastate che durano da generazioni. I brand con queste caratteristiche si trasformano in meraviglie, testimoni del proprio tempo e della storia muovendosi principalmente su quattro assi: discontinuità innovativa, consacrazione pubblica, sedimentazione ultra-generazionale e rigenerazione cognitiva.

Sacerdote: viviamo un momento storico e il futuro inizia adesso

La pandemia sta mettendo molto in discussione. Come si sono evolute la percezione e le aspettative del consumatore?
Siamo dentro un evento storico, una situazione epocale e unica per l'umanità. Siamo stati chiusi in casa per oltre due mesi in sospensione esistenziale. Questa situazione ci ha fatto scoprire una nuova condizione (mancanze importanti, piccoli dettagli dimenticati, nuove relazioni con i vicini di casa, solidarietà inaspettata, maggior rispetto per la convivenza forzata, code al supermercato, videoconferenze, ecc?). La verità è che di fronte a un nuovo nemico che non conoscevamo (e che non conosciamo ancora) abbiamo dovuto cambiare stile di vita tra molte paure e molte incertezze.
Oggi (domani) supereremo questo momento e ristabiliremo un nuovo sentimento collettivo di positività. Poi bisognerà trovare nuove destinazioni. Sicuramente non sarà facile con l'emergenza economica e sociale che dovremo affrontare. In tutta questa situazione il consumatore è frastornato e cerca a gran voce un nuovo ordine: più autenticità, più responsabilità, più coscienza (sociale e civica) e più cultura. Penso che molte delle esagerazioni e degli eccessi a cui abbiamo assistito negli ultimi anni diventeranno inopportuni e fuori luogo. Nel mio saggio (ndr Legendary Brands) introduco un nuovo concetto per l'impresa, la saggezza: l'aspirazione è che le aziende diventino più virtuose e capaci di comportamenti sempre più ammirevoli e meritocratici per migliorare il mondo che le circonda: questo è anche significato di leggendarietà.

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E come il marketing può rispondere a questo "new normal"?
A mio avviso ci sono (ci saranno) due fenomeni pulsanti: da un lato un trend di restaurazione che intende ripristinare la situazione pre-covid - new old normal - e un altro trend di rinnovamento che invece intende trovare nuove soluzioni e nuove interpretazioni post-covid, new new normal. Quindi la domanda che l'azienda si dovrebbe porre è: restaurare o rinnovare?
Il marketing avrà un grande ruolo per guidare questa scelta e, specialmente nel secondo caso, bisognerà mettere in discussione il passato per un futuro diverso e, speriamo migliore. Per ri-progettare, il marketing dovrà aumentare la sua capacità conoscitiva e investigativa al fine di comprendere la portata e l'entità di questo momento di cambiamento. In fondo, se è vero che stiamo vivendo in un evento storico, il futuro inizia adesso.

L'Italia è stata per anni una fucina di idee da cui sono nate grandi aziende anche di dimensione internazionale. Oggi sembra che non sia più così. Perché? Questione di cultura?
È quasi sempre una questione di cultura. Il paradigma culturale che troviamo oggi nelle aziende è poco stimolante, si parla tanto di heritage e di storia d'impresa perché oggi non siamo in grado di sviluppare nuova cultura, nuova contaminazione, nuova sapienza e nuovo futuro.
Bisognerebbe parlare di nuovi progetti, di nuove frontiere, di aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo e in innovazione. Oggi le frontiere del nuovo sapere sono la tecnologia e il digitale. L'Italia è in ritardo su entrambi i fronti. Molte aziende lo hanno capito e hanno iniziato a investire in questi ambiti. Bisogna ricordare che molte grandi imprese sono nate nei periodi di boom e da imprenditori in contro tendenza. Speriamo di entrare a breve in un periodo di crescita e che nuovi capitani d'impresa illuminati ci stupiscano con grandi discontinuità capaci di durare nel tempo.

Molte delle nostre eccellenze di filiera, pensiamo per esempio alla moda o all'automotive, erano già in fase di rallentamento prima del coronavirus. Come è possibile rilanciarle?
Qui entriamo nel dettaglio e bisogna fare un ragionamento più puntuale. Nell'alto di gamma moda e automotive l'Italia ha delle eccellenze e delle aziende leggendarie ampiamente riconosciute che dominano i loro segmenti di mercato con grande vantaggio competitivo e successo (ndr Armani, Zegna, Ferrari, Lamborghini).
Nei segmenti di mercato premium e mass-market c'è una concorrenza spietata. Per rilanciare questi settori bisognerebbe re-immaginare e ri-progettare una proposta merceologica diversa in grado di cogliere nuove discontinuità, nuovi cambiamenti, nuove creatività e nuovi consumatori. Molto probabilmente abbiamo bisogno di una rinnovata generazione di designer-imprenditori.

Quanto conta in epoca di pandemia il Made in Italy?
Il Made in Italy è una miniera di saperi e di conoscenza. Non per altro tutti i grandi marchi del lusso vengono a produrre in Italia oppure hanno acquistato aziende di manifattura nostrana. In questo momento storico la speranza è che la tutta la filiera produttiva regga l'impatto della mancanza di liquidità. Oggi più che mai sarà fondamentale che l'azienda si faccia carico di proteggere anche i fornitori strategici e quelli più innovativi per non compromettere il proprio vantaggio competitivo.
Da imprenditore, come si rivaluta e favorisce la possibilità di fare impresa in Italia?
La buona impresa si è sempre basata principalmente su comportamenti fondati sul realismo, sulla creatività commerciale, sulla competenza, sull'ambizione e sul coraggio. Oggi non basta più e ci vuole anche nutrita trasparenza, limitato provincialismo, abbondante meritocrazia e pochissimo assistenzialismo. Qui si innesta il tema delle nuove generazioni e dei passaggi generazionali: abbiamo bisogno di giovani intraprendenti e responsabili che facciano impresa e di diversamente giovani che li aiutino e li accompagnino in questo percorso; sicuramente necessitiamo anche di più donne al comando per migliorare la diversity e la governance.

E, infine, come manager: quali sono le problematiche delle PMI alle prese con una imprescindibile internazionalizzazione?
Il COVID-19 ha bruscamente interrotto il ciclo economico dell'export e della globalizzazione e bisognerà capire i reali danni. Per le nostre PMI rimane fondamentale la crescita tramite l'internazionalizzazione scegliendo i mercati giusti dove andare a vendere. Molte volte ho visto aziende che volevano internazionalizzare, ma non conoscevano i mercati, la concorrenza, il pricing, i partner potenziali. Ritenevano che il semplice Made in Italy e il saper fare bene il prodotto fossero sufficienti: l'esperienza ci insegna che bisogna prima sapere e poi creare le condizioni per internazionalizzare. Quindi ci vuole tempo e pazienza. Sempre di più i risultati veloci di breve periodo non saranno più sufficienti per creare una storia di successo.



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