Smartworking: misurare le performance per un miglioramento efficace
Bruschi (TÜV): le aziende possono avviare un percorso di cambiamento per rispondere a quelle esigenze organizzative, di governance e tecnologiche, che sono i principi su cui si basa il lavoro agile
A seguito della pandemia di COVID-19 moltissime aziende sono ricorse allo smartworking, sfruttando quanto definito dal DPCM del 01/03/2020 articolo 4. La rapidità con cui si è arrivati alla chiusura pressoché totale del territorio ha trovato le aziende in tre differenti situazioni: chi già prevedeva questa pratica per i propri lavoratori ha semplicemente continuato a consentirla e istituirla obbligatoria per tutti; chi stava valutando di adottarla ha accelerato le pratiche e gli interventi tecnologici necessari e, infine, chi non aveva ancora valutato la possibilità di adottarla ha dovuto accelerare tutti i processi in maniera esponenziale al fine di adattarsi velocemente alla situazione.
L'emergenza sanitaria ha messo in luce come questo strumento, definito dalla legge 81 del 22 maggio 2017, sia in realtà un'ottima soluzione per gestire la continuità operativa. Tuttavia, le soluzioni attuate in questo periodo, non permettono di usufruire dell'attivazione di tutti i principi e delle leve su cui si basa la nuova organizzazione del lavoro, venendo meno anche i benefici che derivano dall'applicazione dello smartworking. Tali benefici possono essere, per esempio, la riduzione dei costi di trasferta, la riprogettazione (riduzione) degli spazi di lavoro, una maggiore qualità del servizio in termini di tecnologia e innovazione, la soddisfazione dei dipendenti che riescono a bilanciare meglio il rapporto tra vita professionale e vita privata. E, infine, un altro importante elemento è il minore impatto ambientale: minori spostamenti significano minori emissioni di CO2.
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