PMI e Fase 2: adesso ci vuole lo Stato
Sangue (FondItalia): È assolutamente necessario mettre in atto misure veloci e efficaci per creare un clima di fiducia, capace di contrastare quelle insicurezze che producono l'effetto di limitare i consumi a quelli strettamente necessari
Sono numerose le azioni che si rende necessario intraprendere per sostenere le piccole e medie imprese nella cosiddetta Fase 2.
Per le PMI, che rappresentano effettivamente il cuore del tessuto economico e produttivo italiano, si tratta di affrontare una doppia sfida: da un lato, risolvere le vulnerabilità del passato, non più rinviabili, e dall'altro approntare strategie innovative che ne consentano la sopravvivenza in questa specifica situazione emergenziale.
Non più rinviabili, dunque, le azioni di ammodernamento già indispensabili prima della crisi connessa alla pandemia: si pensi alla digitalizzazione, all'eCommerce, al rafforzamento dei meccanismi di rete, all'internazionalizzazione; tutte misure in grado di ampliare quel mercato di prossimità, non sempre capace di garantire entrate sufficienti per sostenere la crescita produttiva.

A queste lacune di fondo, si aggiungono ora le enormi difficoltà derivanti dalla situazione contingente, con un'economia oramai paralizzata da due mesi e che faticherà a ripartire, non soltanto per l'interruzione delle attività produttive, ma soprattutto per il completo stallo di domanda e consumi.
In questa situazione di così grave emergenza economica, non sembra risolutivo il primo provvedimento adottato dal Governo, ossia la possibilità di accordare prestiti alle imprese.
Risulta complesso immaginare, infatti, che una piccola impresa, spesso già indebitata, possa indebitarsi ulteriormente con una prospettiva di vendita dei propri prodotti o servizi praticamente nulla.
Il tema centrale, dunque, rispetto alla riapertura, è soprattutto quello inerente alla domanda.
Le piccole imprese, infatti, temendo di correre il rischio di riaprire prematuramente, in una situazione in cui i ricavi sarebbero inevitabilmente di gran lunga inferiori ai costi, stanno scegliendo di non riaprire per poter usufruire ancora di altre settimane di cassa integrazione.