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29/04/2020

idee

Adesso la monetizzazione del debito non è più un tabù

 

Altro che MES, SURE o BEI: anche i custodi dell'ortodossia eurista pensano che per affrontare la crisi ci voglia più debito pubblico. E lo scrivono anche Blanchard e Pisani-Ferry

Quasi sempre basta avere le fonti giuste per capire le mosse dell'Unione Europea, magari dove andrà a parare come mesi e anni di anticipo. Infatti, pur all'interno di un universo parallelo come quello di Bruxelles, su molti temi (i principali) vi sono luoghi dove vengono depositate e discusse idee che prenderanno forma in tempi successivi. E come nella miglior tradizione di E. A. Poe (La lettera scarlatta), la prova viene lasciata in completa bella vista. Quindi tutti possono vederla ma pochi capire di che si tratta.

Adesso la monetizzazione del debito non è più un tabù

Questa introduzione è utile per capire come il dibattito su MES, eurobond o qualsiasi altra soluzione si voglia inventare per la ripresa dell'eurozona, possibilmente evitando rotture, sia superato nei fatti. C'è chi è andato oltre, ritenendoli inutili. 
Da oltre un mese ormai il blog semi-ufficiale della Commissione Europea Voxeu ha visto un improvviso cambio di rotta, fattore che significa, come per la nave che affonda, che l'acqua è arrivata in cabina di comando. E il sistema euro e la stessa Unione sono a rischio.
Occorre dire che dal 2007 il blog ha sempre anticipato le decisioni che le varie istituzioni europee, BCE compresa, avrebbero preso in un futuro più o meno prossimo, ovviamente sottoforma di interventi autorevoli.
Ora, è chiaro a tutti che la pandemia COVID-19 ha messo in piena luce tutte le carenze e le distorsioni su cui si basano Euro e Unione Europea. Alla prima vera crisi economica, quella del 20087-9 è stata finanziaria, gli stati si sono comportati come singole unità o rispolverando antiche alleanze, pensando (giustamente?) prima di tutto alle proprie esigenze interne. Ma le vere discrepanze sono emerse in tutta la loro profondità sulle metodologie e capacità per affrontare i costi della ripresa, che saranno altissimi.

Seguici: 

Gli strumenti che la politica intende utilizzare sarebbero MES, SURE e Recovery bond BEI. Piaccia o no tutti si riducono a prestiti agli stati che ne faranno richiesta, con relative condizioni annesse, basta leggere. Tutto il resto del mondo ha stanziato centinaia o migliaia di miliardi a fondo perduto. Chi sta sbagliando strada?
Ci sarebbe anche chi, in presenza del ''whatever it takes 2'' di Lagarde, sottoforma di PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme), propone semplicemente di emettere titoli di stato acquistati poi dalla BCE senza Capital Key e che garantirebbero tutta la liquidità necessaria. L'ha detto anche Draghi. Certo, vorrebbe dire incrementare il debito pubblico, visto da sempre come il peggiore dei mali dai Paesi del Nord Europa e anche in parte anche dalla Francia. Quindi la monetizzazione del debito (l'acquisto di bond da parte della banca centrale) è la soluzione scelta ovunque ma non in Europa. E su questo abbiamo letto da sempre interviste con affermazioni granitiche: debito uguale peccato.

Questo fino a un mese fa, quando su Voxeu è apparso un articolo il 17 marzo, ''Helicopter money: The time is now'', dello spagnolo Jordi Galí, il cui titolo è già esplicativo e significa mettere soldi subito nelle tasche della gente. Un primo segnale che ai piani alti l'idea che per affrontare la crisi economica in arrivo ci volesse qualcosa in più dei soliti meccanismi che avevano condotto la Grecia al disastro, cominciava a farsi strada.
Passano pochi giorni e il 6 Aprile Sony Kapoor, Willem Buiter pubblicano un altro articolo il cui titolo è già un programma: ''To fight the COVID pandemic, policymakers must move fast and break taboos''. In sintesi: ''Per combattere il COVID-19, le banche centrali, compresa la BCE, devono attraversare il Rubicone del finanziamento monetario e trasferire immediatamente il 20-30% del PIL, con un impatto sulle casse fiscali''. Il finanziamento monetario è possibile per statuto solo con l'acquisto di titoli di stato, quindi monetizzazione del debito.

Non è finita. Passano quattro giorni e il 10 Aprile due pezzi da novanta come l'ex direttore del FMI Olivier Blanchard (autore di testi su cui si studia in tutte le università del mondo) e Jean Pisani-Ferry, già collaboratore di Macron (e European University Institute, Bruegel - altro think tank UE - e PIIE), pubblicano quello che nessuno avrebbe mai pensato di leggere: ''Monetisation: Do not panic''. Una vera e propria inversione di marcia della politica francese che fino a quel momento non voleva sentir parlare di monetizzazione. In pratica, affermano che non ci sono prove che operazioni di monetizzazione su larga scala lanciate dalle principali banche centrali abbiano portato a inflazione né che quest'ultima sia un problema per i prossimi tempi. Sarà forse perché anche la Francia non se la passa molto bene (loro hanno anche la bilancia dei pagamenti in passivo) e Macron dovrà impegnarsi per non sforare il già strabiliante 7% del debito/Pil come annunciato?

Infine, come non ricordare i falchi più falchi di tutto il nord, quelli che volevano il Partenone a copertura del debito greco? In Finlandia ci sono i veri custodi della religione eurista, quelli tutti austerity e con il dito sempre alzato. I soloni che al solo sentir parlare di debito pubblico prendono cappello e se ne vanno accigliati. Ecco, qualcuno avverta Merkel, Conte e Gualtieri, che il vento è cambiato. Anche al Nord si pensa alla monetizzazione del debito per affrontare la crisi, che pure dalle parti di Helsinki si fa sentire, e si dice che la soluzione è più debito e più spesa pubblica.
C'è da rimanere straniti a leggere l'articolo del prof. Vesa Vihriälä del 15 Aprile. ''Make room for fiscal action through debt conversion'', non può esser stato scritto da un abitante del Paese dell'ortodossia eurista. Eppure, il sommario recita: ''L'alto livello di debito pubblico nell'eurozona e i dubbi sulla sostenibilità del debito in alcuni Stati membra significano che l'espansione fiscale necessaria per contrastare la crisi di COVID-19 sarà impegnativa. Questo articolo sostiene la riduzione del debito da parte della BCE che consentirebbe a tutti gli Stati membri di finanziare le misure fiscali necessarie in modo normale. Mentre condonare efficacemente il debito passato creerebbe aspettative che lo stesso potrebbe accadere di nuovo in futuro, questo rischio morale dovrebbe essere valutato rispetto a ciò che è probabile che accada senza tale aiuto''. In pratica, o la BCE stampa moneta come se non ci fosse un domani e per tutti, o il gioco finisce qui.

Stessa tesi sostenuta da Andrew Lilley, Kenneth Rogoff il 17 aprile, quando scrivono nell'articolo ''Negative interest rate policy in the post COVID-19 world'', che ''non solo i mercati prevedono che i bassi tassi di interesse persistano nel futuro, ma si aspettano anche l'uso di tassi di interesse negativi lungo la linea. Inoltre, i mercati non credono più che anche un allentamento quantitativo possa portare l'inflazione all'obiettivo, il che lascia ben poche alternative alla politica monetaria a parte i tassi di interesse negativi''. 
Se l'organo semi-ufficiale della Commissione Europea arriva a pubblicare un articolo come questo e quelli precedenti (che vanno letti per intero), significa che è in atto una presa di coscienza da parte dell'establishment - causata dalla necessità e dalla paura - che la crisi sarà forte, e che l'intera impalcatura rischia di crollare miseramente come un castello di carte al primo soffio di vento.

Forse prima di impegnarci con MES, SURE, BEI o altre forme di ''aiuto'', sarebbe bene andare a vedere bene cosa dice il PEPP oppure  l'OMT.
Ce lo consiglia l'Europa.


Claudio Gandolfo



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