Far ripartire il business in Italia ma senza dimenticarsi delle startup
Terrazzani (Ayming): oggi come non mai è necessaria la capacità di guardarsi attorno per identificare le possibili opportunità, perché da esse può dipendere il futuro di queste nuove realtà
Si sta parlando molto di come dovrà e potrà ripartire il business in Italia una volta che il picco dell'emergenza Coronavirus sarà passato.
E molti gli aspetti che vengono via via presi in esame, ma ce n'è uno che ancora adesso forse riscuote meno attenzione di quanto dovrebbe, quello delle startup.
Sono 11 mila le startup registrate in Italia ad oggi.
Siamo ancora tra gli ultimi paesi in Europa, è vero, ma è un patrimonio inestimabile, comunque.

L'unica cosa da fare oggi è non abbandonarle, soprattutto non abbandonarle ora, in questo contesto di incertezza marchiato COVID-19.
Startup è sinonimo di innovazione, ma l'innovazione non risiede solo nelle startup.
Ci sono aziende storiche, marchi di fabbrica del nostro made in Italy che stanno riconvertendo parte della loro produzione: tra i camici monouso di Armani, le mascherine di Gucci e Miroglio, i respiratori di Ferrari e il disinfettante per mani di Ramazzotti.
Tutti per aiutare gli operatori sanitari.
E loro sono solo alcuni degli esempi di quanto, tra l'altro, la creatività e innovatività del nostro paese siano all'avanguardia.
E ancora, come ospedali da campo siano stati ricavati tra hotel, case di riposo e navi da crociera.
Impensabile appena qualche settimana fa.
Ma non pensiamo solo ai grandi colossi.
Tra le stesse startup c'è chi ha prodotto valvole respiratorie a partire da maschere da snorkeling.