Secondo un'analisi del Centro Studi di Fondazione Ergo, il Covid-19 diventa globale nelle catene del valore. E molte produzioni potrebbero ritornare in Italia
La recente nota mensile sull'andamento dell'economia italiana pubblicata dall'Istat sintetizza la fase di forte instabilità che sta vivendo il nostro Paese:
- l'ultimo trimestre del 2019 ha mostrato diffusi segni di flessione. Nel quarto trimestre, il prodotto interno lordo ha registrato una variazione congiunturale negativa pari allo 0,3%;
- i dati di gennaio del mercato del lavoro confermano i segnali di contrazione dei livelli di occupazione rilevati a dicembre;
- a febbraio l'inflazione complessiva ha manifestato un nuovo rallentamento;
- l'indicatore anticipatore continua a registrare tassi di crescita negativi, evidenziando che lo scenario a breve termine della nostra economia rimane caratterizzato da prospettive di persistente debolezza.
E' realistico pensare ad una fase di reindustrializzazione dell'Italia?
Al di là dell'emergenza sanitaria, il caso ''Covid-19'' sta imponendo un ripensamento della globalizzazione e dei suoi riflessi economici. Partiamo con un dato: negli ultimi due decenni, la Cina ha aumentato la scala dei valori per diventare il più grande esportatore mondiale di beni intermedi utilizzati per produrre prodotti finali. Ha una quota di un terzo di questo mercato globale. Tali prodotti rappresentano attualmente quasi i due terzi delle esportazioni cinesi. E allora la domanda di fondo è chiara: la Cina sarà ancora la fabbrica del mondo? Detto in termini più sofisticati: andiamo verso catene del valore più corte? In attesa che la risposta maturi soprattutto con l'esito delle presidenziali americane in programma a novembre, è utile riportare le opinioni più significative che stanno emergendo.
La Francia vuole produzioni strategiche, l'Ue vara primi progetti
Il ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, in una recente intervista televisiva ha sostenuto esplicitamente che il Coronavirus cambierà la globalizzazione e che alcune produzioni strategiche, in particolare quelle legate ai farmaci, devono tornare in Europa.
In una recente intervista, l'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha sottolineato che la Cina sta mettendo in evidenza debolezze di sistema (la spaccatura fra aree centrali - dove il virus ha preso piede - e quelle avanzatissime sulla costa) e l'opposizione in Occidente al suo ''momento Sputnik'' ovvero alla diffusione della tecnologia 5G di Huawei.
Va ricordato che già da alcuni mesi la Commissione Europea ha avviato alcuni progetti, gli IPCEI (Important Projects of Common European Interest), con l'obiettivo per esempio di rendere autonoma l'Europa nella produzione di batterie elettriche per auto e più forte nel comparto dell'intelligenza artificiale.
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