Arioli (dynabook): le piccole imprese devono implementare misure di protezione a livello di rete.
Ciò richiede un approccio multi-layered, che integri sia l'hardware sia il software
Complice anche l'epidemia di Coronavirus, stiamo attraversando la rivoluzione dello smartworking e le piccole imprese sono alla guida di questo processo.
Sono sempre di più le PMI che scelgono di non avere un ufficio tradizionale e consentono ai propri dipendenti di lavorare da casa, da spazi di co-working, bar o persino sui mezzi pubblici.

In effetti, una ricerca di IDC ha rivelato che il 60% delle PMI in tutto il mondo adotterà un sistema di supporto per i professionisti in smartworking entro la fine del 2021. Il mobile working e l'accesso remoto ai sistemi tramite dispositivi BYOD offrono grandi vantaggi alle piccole imprese che dispongono di un budget limitato per un ufficio fisico.
Tuttavia, questa modalità di lavoro abilita nuovi potenziali canali di attacco e presenta nuove sfide per la gestione dei dispositivi.
Inoltre, i dipendenti rappresentano essenzialmente la prima linea di difesa delle piccole imprese contro i cyberattacchi, quindi è importante che gli strumenti che utilizzano quotidianamente siano sufficientemente "robusti" da proteggerli contro i potenziali rischi informatici.
Per esempio, i notebook dotati di funzionalità biometriche avanzate e di capacità di memorizzazione delle credenziali, basate su hardware, potenziano le difese contro l'hacking di password e accessi.
Le soluzioni zero client sono ancora più avanzate ed eliminano le minacce legate ai dati rimuovendo le informazioni sensibili dal dispositivo e memorizzandole in un cloud centralizzato per proteggerle in caso di smarrimento o furto dell'apparecchio.
Questi tool sono particolarmente utili per i lavoratori da remoto, considerando che il 48% delle PMI accede a oltre la metà delle proprie app business-critical da dispositivi mobili.