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12/02/2020

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L'intelligenza artificiale spiegata in modo semplice - Punto e a Capo- @gigibeltrame

Raccontare l'innovazione non è mai facile, ma in realtà esistono vari modi

La tecnologia non è mai facile: semplifica qualcosa, ma racchiude in sé molta complessità. Con questa frase, di solito, spavento le platee, soprattutto nelle scuole, ma poi riesco ad agganciarle.
Qual è la ricetta? Mostro da dove ha origine il pensiero che è racchiuso in una tecnologia, la sua filosofia, o quella che io chiamo Digilosofia.
Per esempio, una delle parole chiave del momento è intelligenza artificiale.
Si parte da un concetto semplice, non è intelligenza, e subito racconto le origini storiche, partite negli anni '50 e '60.
Poi arrivo a come funziona oggi.
Si parte dai un data set, da una raccolta di dati che consideriamo importanti. Ma devo spiegare che cosa sono i dati, che non sono solo numeri, ma immagini, misurazioni, immagini, il numero di like o di visualizzazioni, i commenti o dei testi. Persino gli emoji, se contestualizzati, forniscono dati. Queste raccolte contengono informazioni preziose su come si comportano le persone o le cose e come interagiscono con il mondo attorno.


La seconda componente è l'algoritmo. Per spiegare cos'è un algoritmo spiego che è come una ricetta quando vogliamo cucinare. Gli ingredienti sono il set di dati e le istruzioni trasformano degli elementi in un prodotto nuovo, speriamo buonissimo. Abbiamo un input, gli ingredienti, e un output, un prodotto finale, il piatto che serviamo a tavola. Gli algoritmi lavorano così, raccolgono dati per creare un dato nuovo, in fondo gli ingredienti e il piatto finale sono tutti commestibili, ma in modo molto diverso. Spiegando gli algoritmi si parla di programmazione. Prendo prima questo, faccio qualcosa, se non è come deve essere aggiungo una piccola quantità (le condizioni), se devo far montare la panna, continuo a girare fino a che non giungo a una certa consistenza (i cicli).
Poi arrivo al cuore dell'intelligenza artificiale. Si tratta di algoritmi nuovi, che hanno una qualità importante: imparano da soli. Vanno istruiti, hanno bisogno di qualcuno che li guidi e insegni cosa devono fare, ma poi prendono l'input e lo trasformano in un output scrivendo da soli le proprie regole che trovano scegliendo tra le migliori opportunità.


E' un sistema di previsione, in base a cosa è accaduto in passato, prevede cosa accadrà in futuro, tenendo conto dei dati a disposizione.
Di solito, indipendentemente dall'età della platea, che siano ragazzi o manager, nascono domande spontanee che mi dimostrano che hanno compreso. Per la trasformazione digitale non servono i bit, servono certamente i tecnici, ma soprattutto il pensiero. Capire cosa si può fare con una tecnologia è il primo passo per evolversi. Come persone e come aziende, perché è sempre bene ricordarlo che la tecnologia è il modo con cui noi umani stiamo al mondo e la sfruttiamo per avere più tempo per le nostre passioni ed emozioni. @gigibeltrame su LinkedIn e su Twitter 
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Il libro "Digilosofia: la filosofia del digitale" le sfide della digital transformation

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