Fare impresa è ancora complicato per nostri i ragazzi e dobbiamo muoverci perché andando all'estero queste imprese si portano con se i loro talenti, non perdiamo solo in termini di PIL, ma anche in termini di Sistema Paese. I dati dell'Istat hanno sottolineato questo gap dal punto di vista della nostra capacità di attrarre talenti; si parla di fughe di cervelli che non è un termine molto carino, però di italiani che vanno all'estero per fare startup, o comunque trovare maggiore soddisfazione dal punto di vista soprattutto professionale, ce ne sono e bisognerebbe preoccuparsi del fenomeno.
Non è la prima volta che lo diciamo.
Vediamo il bicchiere sempre mezzo pieno: spero tanto che a fronte di questo fondo per l'innovazione che è ai nastri di partenza, a fronte del fatto che abbiamo un ministro per l'innovazione, e a fronte del fatto che mi sembra di poter dire ci sia una maggiore sensibilità rispetto al passato nel far crescere questo ecosistema dell'innovazione che occupa circa 60mila persone, ci siano dei passi in avanti concreti.
Ma cosa manca?
Dobbiamo essere bravi a raccontare questa innovazione, dobbiamo essere bravi a fare marketing insieme. Penso ad altri Paesi dove effettivamente il ruolo del marketing è stato centrale, oltre chiaramente agli investimenti, e quindi a creare un ecosistema dove ci sia proprio un allineamento di interessi e non una competition, come magari in qualche caso ci capita ancora.
Devo dire che il nostro è un Paese di talenti.
Noi lo raccontiamo tutti i giorni, ma dobbiamo diventare più "sexy" a livello internazionale.
Infatti, il tema di essere attrattivi anche dal punto di vista di talenti che possono arrivare qui è importante.
Noi che siamo all'avanguardia dal punto di vista dell'innovazione tecnologica sappiamo perfettamente che non esistono limiti o confini da questo punto di vista e dobbiamo far conoscere e far sapere come operano le nostre startup anche attraverso soggetti istituzionali. Mi viene in mente French Tech o anche Israele perché hanno lavorato davvero a braccetto tra pubblico e privato per creare un soggetto che sia assolutamente riconosciuto e riconoscibile.
Su questo c'è molto da fare.
Ma come si accompagna oggi una startup?
Devo dire dal punto di vista della capacità di accompagnare le startup verso il mercato pecchiamo ancora di questa frammentazione, di questa mancanza di una cabina di regia, altro termine di cui si parla ma che non abbiamo ancora visto accadere nulla.
Il 2020 può essere diciamo un buon punto di partenza per fare in modo che le aziende possano riuscire a portare al proprio interno le competenze e le capacità e l'innovazione che nasce dalla disruption.
Noi abbiamo iniziato a lavorare sull'open innovation, così come viene riconosciuta soprattutto negli ultimi mesi.
Devo dire che il 2019 stato interessante da questo punto di vista perché abbiamo iniziato a lavorare tanto con le aziende. Siamo partiti cinque anni fa, avendo le competenze, l'esperienza e la relazione con le aziende per fare business perché, come Digital Magics, non veniamo mondo della finanza ma dal mondo dell'impresa e per noi è stato naturale questo passaggio.
Non si chiamava nemmeno open innovation questa relazione, ma è un qualcosa che abbiamo sempre cercato di creare fra le startup e le aziende, non tanto diciamo come sostituzione all'alba in share capital ma sicuramente come un buon complemento, soprattutto per il fatto che siamo assolutamente consapevoli che il tema della digital transformation e dell'innovazione tecnologica in Italia è molto sentito e c'è un'enorme opportunità .
Ma a che punto siamo?
Molte aziende stanno intraprendendo questo percorso.
Abbiamo creato un metodo perché sappiamo parlare la lingua delle startup e la lingua delle aziende.
Non dobbiamo nascondere che c'è un tema "di mediazione culturale" anche se si conoscono entrambe le lingue.
Abbiamo capito che le aziende se vengono messe nelle condizioni di comprendere che tecnologia non è una parola incomprensibile e che non può essere "messa a terra", che l'innovazione non è un tema aleatorio ma che è fatto di grande concretezza e che l'open innovation non riguarda solo le startup.
Non sono solo ci rivolgiamo alle startup del portfolio di Digital Magics, ma a tutte le startup con cui noi abbiamo a che fare tutti i giorni, quantomeno in termini di conoscenza di relazione e che abbiamo la capacità di coinvolgere attraverso delle "call for innovation".
Con il nostro metodo crediamo di avere la capacità di accompagnare in un percorso di avvicinamento, definiamolo in questa maniera, l'azienda e la startup a fronte di obiettivi molto chiari.
Obiettivi: le aziende li hanno e li riconoscono?
Questo è un altro argomento interessante.
Noi abbiamo capito che se l'obiettivo che si pone l'azienda non è concreto, il progetto si arena.
L'obiettivo potrebbe essere la diversificazione dell'offerta, non solo innovare qualcosa e credo che la nostra abilità sia quella di trovare l'opportunità che può portare l'azienda verso un miglioramento e una crescita.
Quella è l'innovazione vincente.
Ma non è tutto, perché una volta individuata l'innovazione, parte un processo di accompagnamento in questo percorso fino proprio alla capacità di gestire l'integrazione dell'azienda.
Negli anni abbiamo capito che è un elemento fondamentale portare "la startup giusta all'azienda", ma anche la capacità anche di aiutarle in un processo di integrazione che non può essere di cannibalizzazione.
Anche qui è l'expertise che poi ti porta a far sì che l'operazione sia davvero win-win, perché da una parte hai la startup che ha la necessità di avere un'azienda più matura, più solida e con magari un canale di distribuzione che può mettere a disposizione, dall'altra parte l'azienda ha bisogno di innovazione e deve nascere una sinergia che non diventi un tema di "assorbo al cento per cento la startup" e, a quel punto, la "ingabbia" in quella che diventa una incapacità di continuare a fare innovazione all'interno dell'azienda.
E come si fa?
Deve nascere un circolo virtuoso. Noi lo abbiamo innestato da qualche anno a questa parte e ci ha portato a lavorare con una settantina di aziende in una serie di progetti che partono appunto da "call for innovation".
Abbiamo creato programmi di accelerazione e anche questo è tema interessante.
Magic Wand, per esempio, è il programma di accelerazione giunto alla terza edizione, sui cui ogni anno ci concentriamo su un tema "caldo" per stimolare il mercato.
Quest'anno FinTech, Cybersecurity e blockchain su cui lavoriamo con dieci aziende e c'è un allineamento di interessi nella fare innovazione.
Siamo giunti alla chiusura della "call to application" e abbiamo ricevuto tantissimi progetti davvero molto interessanti.
Lo scorso anno scorso, con focus sul retail, abbiamo toccato con mano quanta innovazione si può portare in quel settore ed è un'opportunità formidabile e di grande valore per tutti. Per Digital Magics significa selezionare per i programmi di accelerazione sei startup che alla fine del percorso che entreranno nel nostro portfolio.
Opportunità per innovare aziende tradizionali e creare nuove imprese.
Quali sono le opportunità per il nostro Paese, in senso generale?
L'italia peraltro è ricca di queste opportunità , nel senso che abbiamo tantissime aziende, abbiamo un tessuto imprenditoriale consolidato e le opportunità offerta dall'open innovation credo che possano diventare una componente molto interessante di un pacchetto che poi è sempre indirizzato a far sì che le startup possano crescere il più rapidamente possibile, avendo a disposizione le condizioni migliori per crescere.
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