I dati PMI che spaventano
Gli indici del settore manifatturiero italiano e quello della Germania, il nostro miglior cliente, sono in picchiata. Urge cambiare politica dalle parti di Bruxelles
Il 2020 non comincia affatto bene. Abbiamo la guerra in Libia alle porte di casa, un governo tenuto insieme dalla paura del voto e dalla brama di potere, e un'economia sempre più, in difficoltà. E il nuovo anno non sembra affatto portare novità positive per una inversione di rotta. Anzi.
Per esempio, HIS Markit ha rilasciato il report stilato a dicembre in merito all'indice previsionale della manifattura italiana. Il dato è pessimo (26,2) e vede un trend negativo che prosegue dai primi mesi del 2018. I fattori presi in considerazione per arrivare poi ad un dato singolo che esprime l'andamento del settore manifatturiero sono più di uno, e l'Italia vede nero in tutti: gli ordinativi sono in forte contrazione (che significa mancanza di futuro fatturato e abbassamento del Pil). L'occupazione è in calo, così come i contratti con l'estero (meno export in futuro). Ovviamente, scende anche la spesa per fornitura, e le scorte sono tenute al minimo.

Secondo Amritpal Virdee, Economist di IHS Markit che elabora il report Markit per l'Italia, "a dicembre si intensifica la contrazione del settore manifatturiero italiano, con le condizioni operative che peggiorano al tasso più veloce in più di sei anni e mezzo (era il 2013). Ciò riflette in parte la contrazione al tasso più veloce in quasi sette anni della produzione e la forte contrazione dei nuovi ordini dovuta alle deboli condizioni della domanda".
Diciamo che l'anno poteva cominciare in modo migliore. Ma se l'export è in calo, il motivo principale è anche che il nostro miglior cliente va di gran lunga peggio di noi.
Secondo il report di HIS Markit sul settore manifatturiero dell'Eurozona, se in Italia l'indice PMI scende, in Germania crolla (43,7), e la sua curva si irripidisce. La frenata del commercio mondiale, specialmente le importazioni della Cina, sta avendo forti ripercussioni sul settore manifatturiero tedesco, in gran parte incentrato sull'automotive, e sembra che non vi sia modo di invertire la tendenza. Peraltro Trump non ha ancora applicato i dazi minacciati sulle auto. Prima o poi la Germania dovrà mettere mano agli investimenti interni e abbassare il suo abnorme surplus, se non vuol finire in guai seri e far precipitare l'eurozona. Lagarde si è già espressa in questo senso a nome della BCE.
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