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20/11/2019

idee

Perché sentirsi arrivati nel proprio lavoro può essere pericoloso

Wilson (Cornerstone OnDemand): è importante continuare a cimentarsi in cose nuove (e anche fallire). L'automazione sta arrivando e occorre anticipare i cambiamenti

Facciamo un salto nel passato e torniamo per un attimo al 2000. Blockbuster, la popolare catena di noleggio di VHS e DVD, era all'apice del successo, con milioni di clienti in tutto il mondo. Sempre nel 2000, l'allora CEO di Blockbuster, John Antioco, lasciò perdere l'opportunità di acquistare Netflix per 50 milioni di dollari. Antioco pose fine al negoziato affermando che Netflix aveva un "piccolissimo business di nicchia". Sappiamo tutti come è finita la storia.
Questo è solo uno dei tanti esempi di decisioni sbagliate prese dalle aziende, che offre però un'ottima base per discutere dei nostri atteggiamenti nei confronti del lavoro.
Si dice che occorrano 10.000 ore per padroneggiare una competenza, vale a dire 1.250 giorni di lavoro o, immaginando di lavorare 48 settimane all'anno, poco più di 5 anni di vita professionale. Nel grande schema di una carriera, non è un periodo lunghissimo, ma arrivare a padroneggiare un'area non significa che si debba smettere di imparare. Infatti, diventare molto bravi può anche significare sentirsi arrivati e ciò può essere pericoloso.



Introduzione al fallimento

Essere preoccupati di sbagliare o di fallire in qualche compito è normale, ma questa preoccupazione ci fa anche desiderare di sentirci più tranquilli. Avrete probabilmente sentito parlare della gerarchia dei bisogni di Maslow, una piramide che riassume le 5 motivazioni essenziali dell'essere umano, in cui la motivazione più essenziale si trova alla base. Si parte dai bisogni fisiologici, come cibo, acqua, calore e riposo: salendo si incontrano via via bisogni più immateriali: sicurezza (fisica, familiare, ecc), appartenenza (amicizia, amore, ecc), stima e, per finire, autorealizzazione.
Sentirsi tranquilli sul lavoro aiuta certamente a soddisfare i bisogni umani di base. Chi ha un lavoro stabile non sarà probabilmente troppo preoccupato per l'accesso al cibo o all'acqua, per la sicurezza o l'appartenenza. Le cose cambiano però per i due livelli più alti: autostima e realizzazione del proprio pieno potenziale. Dopotutto, come possiamo riuscire e sentirci completi senza provare cose nuove o porci nuovi obiettivi?
È importante continuare a cimentarsi in cose nuove (e anche fallire): si tratti di un nuovo lavoro, una nuova posizione nella stessa azienda o una carriera completamente nuova.


Così lo spiega Michael Jordan: "Nella mia carriera ho sbagliato più di 9.000 tiri e ho perso quasi 300 partite. Ventisei volte sono stato scelto per tirare il canestro decisivo e ho sbagliato. Nella mia vita ho sbagliato e continuato a sbagliare. Per questo ho avuto successo".

Bisogna rimanere aggiornati

Accettare il fallimento è un aspetto, ma è comunque necessario continuare a imparare e migliorare. Se si cade nella trappola di pensare di non dovere più imparare nulla nella professione, dopo un certo numero di anni o quando si è raggiunto un certo ruolo, arriverà il momento in cui l'esperienza comincerà a contare meno di quella dei colleghi o dei sottoposti, col rischio, nel peggiore dei casi, di avere difficoltà a trovare un nuovo lavoro una volta deciso di cambiare.
Chi non mantiene aggiornate le proprie competenze e non rimane una fonte autorevole nel proprio campo, perderà rilevanza: per questo, il momento di iniziare a pianificare l'acquisizione di nuove competenze è adesso.
Quali piccole cose possiamo fare ogni giorno per continuare a imparare?
Alcune professioni richiedono uno sviluppo permanente obbligatorio, per ragioni di compliance ad esempio, ma al di là di queste ore predefinite è importante introdurre momenti di microformazione nelle ore di lavoro.


Per esempio, guardando qualche Ted Talk su YouTube per migliorare qualche soft skill, o iscrivendosi a un corso più formale su siti come FutureLearn che offrono numerosi corsi su una varietà di argomenti. O, ancora, indagando con il team HR sulle opportunità di apprendimento e sviluppo proposte dall'azienda, chiedendo di arricchire le opzioni di eLearning se queste non sono sufficienti. Esistono così tante possibilità, molte gratuite, che davvero non ci sono scuse per non approfittarne.

L'automazione è dietro l'angolo, meglio prepararsi

Per finire, è necessario prepararsi alla trasformazione digitale. App, intelligenza artificiale e altre innovazioni stanno lentamente iniziando ad automatizzare diversi lavori, rendendo le persone ridondanti per molti ruoli.
Per molti, questa trasformazione digitale può essere fonte di panico, ma allo stesso tempo è una spinta all'aggiornamento. La trasformazione non cancella i lavori, li cambia: una persona che, ad esempio, oggi lavora alla cassa del supermercato dove si può già iniziare a pagare con una app ed evitare la coda, in futuro avrà probabilmente un diverso tipo di ruolo di supporto.



Ciò che conta è come si anticipa il cambiamento, ci si adatta e si apprende.
Le aziende ovviamente devono farsi carico di questo tipo aggiornamento, non è una cosa che può essere lasciata alla responsabilità del singolo dipendente.
Uno dei grandi benefici dell'automazione è la riduzione delle attività amministrative per i team HR, che consente loro di concentrarsi su attività più strategiche, come i piani di sviluppo delle carriere o la leadership pipeline. I team HR possono sfruttare questo tempo conquistato e usare le tecnologie per le HR per pianificare la ridefinizione delle competenze delle persone e garantirsi di non perdere persone valide a causa della trasformazione digitale.
La carriera deve essere un percorso di trasformazione che non si conclude mai: dopotutto, se si conclude, non c'è più trasformazione. Molte persone tendono a pensare di avere raggiunto un obiettivo di carriera quando "ce l'hanno fatta" o hanno smesso di imparare.
Sbagliato. Bisogna essere Netflix, non Blockbuster.

James Wilson, Vice President EMEA di Cornerstone OnDemand


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