Il peso dei legislatori rispetto all'innovazione. Il caso Facebook Libra - Punto e a Capo - @gigibeltrame
Annunciare un'innovazione oggi può rappresentare un problema.
Ma anche un'opportunità
Da quando Facebook ha annunciato il proprio sistema di pagamenti digitali, Libra, con partner del calibro da Mastercard a PayPal da eBay a Lyft, ma anche con tanti altri brand che sono pronti a sostenere il servizio come Spotify, Uber, Visa e Vodafone, si è creato un certo caos a livello di comunicazione, ma anche a livello politico.
Premesso che in Italia e in Europa nessuno ha compreso, a livello politico, l'importanza di una moneta all'interno di un social network utilizzato da un quarto della popolazione mondiale, è necessario fare qualche riflessione che non è tecnica.

Non mi interessa raccontare come funziona Libra, dove fonda le proprie basi tecniche e dove raccoglie il denaro e lo conserva in sicurezza.
Mi interessano gli aspetti legali e funzionali.
Negli USA, soprattutto il partito democratico, ha posto tutta una serie di domande a Facebook e ha chiesto di bloccare la creazione della moneta virtuale, che precisiamo che non è l'ennesimo BitCoin, chiedendo una moratoria.
Quindi, la politica chiede di bloccare una possibile innovazione ancora prima che esca?
Questo è un caso clamoroso.
Pensate se ogni volta che c'è un'innovazione da portare sul mercato, piuttosto che una nuova teoria e si deve chiedere il permesso, cosa accadrebbe?
Ci sono già enti con questo compito, solitamente chi si occupa di brevetti e soprattutto i legali della aziende e delle nazioni.
Sul digitale questo non avviene: non è mai successo che ci sia un sistema che validi le innovazioni.
Ed è probabilmente su questa assenza che si è sviluppato un mercato.
Che vi sia un'esigenza di regolamentazione questo pare ovvio, anche se, citando l'esempio del mio articolo di settimana scorsa, qualche problema sorge sempre.