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10/07/2019

economia

Cresce il rischio di recessione e apre la porta alle alternative fiscali

Dall'Angelo (Hermes IM): nell'ambito di un panorama internazionale sempre più frammentato, le economie globali potrebbero faticare a formulare una risposta monetaria e fiscale coordinata e, quindi, efficace

Con gli Stati Uniti in espansione da 10 anni, i segnali sulle prospettive economiche di breve termine sono eterogeni. I recenti dati economici degli Stati Uniti sono stati generalmente incoraggianti, con il Pil del primo trimestre che ha sorpreso al rialzo e la solidità dei dati sull'occupazione. Le indagini su consumatori e imprese hanno però mostrato alcuni segnali di flessione negli ultimi mesi.
La politica fiscale espansiva degli Stati Uniti ha indubbiamente sostenuto i risultati economici negli ultimi 12 mesi, ma questo effetto è destinato ad esaurirsi, in particolare nel prossimo semestre. Allo stesso tempo, dopo la svolta dovish della Fed a inizio anno, la politica monetaria sembra destinata a rimanere abbastanza accomodante.
I mercati finanziari, però, hanno segnalato dei crescenti rischi recessionisti. In particolare, l'inversione della curva dei rendimenti a fine marzo ha spinto la probabilità di recessione nei successivi 12 mesi, calcolata dalla Fed Reserve di New York, a quasi il 30%, il livello più alto registrato durante il ciclo attuale.
Più a lungo saranno mantenute le attuali condizioni monetarie accomodanti, inoltre, più facile sarà che si delineino squilibri finanziari.

Ciò significa che il sistema finanziario potrebbe diventare particolarmente vulnerabile, anche a piccoli shock. L'ulteriore inasprimento delle tensioni commerciali Usa-Cina e il potenziale contagio ad altre economie minacciano di spingere un sistema che già presenta elementi di vulnerabilità in una fase di recessione.

Politica monetaria: opzioni esaurite

Oggi siamo nella fase finale di espansione del ciclo economico, con uno spazio estremamente limitato per le politiche monetarie. Le banche centrali hanno a disposizione poche risorse per fronteggiare la prossima recessione.
Negli ultimi decenni, i tassi nominali a livello globale hanno seguito un andamento al ribasso; attualmente sono a livelli bassi per gli standard storici e vicini al loro limite minimo, il cosiddetto limite inferiore effettivo (ELB). In un mondo in cui è possibile detenere liquidità, questo parametro è intorno allo zero o leggermente negativo. Per adottare una politica monetaria accomodante, le banche centrali devono fissare la propria politica sui tassi reali al di sotto del tasso di equilibrio reale, il tasso di interesse che mantiene l'economia in linea di galleggiamento, la cosiddetta "r".


Durante la prossima recessione, le banche centrali non saranno in grado di fornire lo stesso tipo di stimolo utilizzati durante le crisi precedenti. Non saranno in grado di spostare il tasso d'interesse reale di riferimento significativamente al di sotto di un già basso "r"  tagliando i tassi di interesse nominali - e colpiranno più spesso il limite inferiore effettivo (ELB). Le aspettative di inflazione bassa possono costituire un ulteriore vincolo, in quanto implicano che la soglia minima per il tasso di interesse reale sia più elevata di quanto dovrebbe essere.
Anche gli strumenti di politica monetaria non convenzionali appaiono meno attraenti rispetto al recente passato. I tassi negativi, attualmente applicati nell'area euro e in Giappone, potrebbero danneggiare la redditività delle banche. Il Quantitative Easing ha mostrato rendimenti marginali decrescenti, e ha probabilmente contribuito ad aumentare gli squilibri in termini di distribuzione della ricchezza. La risposta alla prossima recessione, dunque, potrebbe dover venire dall'ambito della politica fiscale.

La politica fiscale: l'unica alternativa, ma non senza difficoltà

Dopo anni di intenso interesse per la politica monetaria, le discussioni sull'opportunità, e persino sull'auspicabilità, di aumenatare i disavanzi di bilancio fiscale hanno acquisito rilevanza.


In particolare, il fatto che i tassi di interesse siano inferiori ai tassi di crescita nominale negli Stati Uniti e nella maggior parte delle economie sviluppate comporta bassi costi fiscali per l'aumento del debito pubblico. Nell'attuale configurazione, potrebbe avere senso utilizzare il debito pubblico, in particolare per finanziare spese che aumentano la produttività, come il finanziamento di progetti di infrastrutture pubbliche.
Tuttavia, la percentuale di debito pubblico rispetto al Pil è già elevata nei paesi sviluppati (prossima quasi al 100% in media), e ciò indica quanto limitato sia il margine per utilizzare in modo significativo la politica fiscale. Inoltre, mentre una politica monetaria accomodante sta mantendendo bassi i tassi, un aumento del debito potrebbe causare tassi di interesse più elevati, in particolare se i mercati finanziari dovessero dubitare della loro sostenibilità.
Detto ciò, la politica monetaria e fiscale deve affrontare altre sfide. Per essere efficace, la risposta a una possibile crisi futura deve essere coordinata a livello internazionale. Tuttavia, in un panorama internazionale sempre più frammentato, in cui le fortune della cooperazione multilaterale sono in calo, non è chiaro se la risposta alle sfide e alle crisi globali attuali e future sarà efficace.




Silvia Dall'Angelo, Senior Economist di Hermes Investment Management


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