Rallenta la tendenza a delocalizzare all'estero attività o funzioni aziendali
Secondo uno studio dell'Istat, nel periodo 2015-2017 soltanto il 3,3% delle medie e grandi imprese ha trasferito all'estero attività o funzioni svolte in Italia, contro il 13,4% del periodo 2001-2006
Nel periodo 2015-2017, circa 700 imprese - pari al 3,3% delle grandi e medie imprese industriali e dei servizi - hanno trasferito all'estero attività o funzioni aziendali precedentemente svolte in Italia.
Tale percentuale è nettamente inferiore a quella registrata nella precedente indagine (riferita al periodo 2001-2006) quando era pari al 13,4%. La tendenza al ridimensionamento del fenomeno è confermata a livello europeo. Infatti, la percentuale di imprese dell'UE che trasferiscono oltre i confini nazionali attività o funzioni aziendali è passata dal 16,0% del 2001-2006 al 3,0% del 2015-2017.
L'internazionalizzazione ha interessato più diffusamente le imprese industriali (4,2%) rispetto a quelle operanti nel settore dei servizi (2,3%). In particolare, nel settore manifatturiero sono le industrie ad alta e medio-alta tecnologia a trasferire all'estero, con percentuali pari rispettivamente all'8,5% e al 6,6%.
La dimensione aziendale e l'appartenenza a gruppi di impresa rappresentano fattori importanti per tale scelta.
Delocalizza all'estero il 5,6% delle grandi imprese contro il 2,9% delle medie e il 4,6% delle imprese appartenenti a gruppi contro lo 0,6% delle imprese indipendenti.
Costo del lavoro tra le motivazioni principali della delocalizzazione all'estero
Tra le imprese che hanno delocalizzato all'estero, il 69,3% ha trasferito attività o funzioni di supporto dell'attività principale, il 43,4% l'attività principale. Le funzioni più rilevanti trasferite all'estero sono i servizi amministrativi, contabili e gestionali (37,4%), il marketing, le vendite e i servizi post-vendita, inclusi i centri assistenza e i call center (21,2%) e i servizi informatici e di telecomunicazione (10,2%).
I fattori che più incidono sulla scelta di trasferire all'estero attività o funzioni aziendali sono la riduzione del costo del lavoro (fattore considerato "abbastanza importante" o "molto importante" dal 62,2% delle imprese), la riduzione di altri costi d'impresa (48,8%) e la necessità di concentrare in Italia le attività strategiche di "core business" (40,2%). La riduzione dei costi incide in modo significativo nelle scelte delle imprese industriali per il trasferimento all'estero.
In particolare, le industrie manifatturiere ad alta tecnologia ritengono fondamentale la riduzione del costo del lavoro (81,4%) e la riduzione degli altri costi d'impresa (67,7%). Nei servizi, in particolare nelle imprese attive nelle attività professionali scientifiche e tecniche è ritenuto importante l'aumento della qualità e lo sviluppo di nuovi prodotti (47,1%).
I principali fattori di ostacolo all'internazionalizzazione indicati come "molto importante" o "abbastanza importante" da oltre il 30% delle imprese internazionalizzate riguardano la difficoltà a trasferire personale all'estero. Seguono gli ostacoli legali o amministrativi (29,7%) e la necessità di operare a stretto contatto con i clienti (29,2%).
Il 59,6% dei trasferimenti all'estero risulta indirizzato verso Paesi dell'UE28 e riguarda soprattutto le funzioni di supporto all'attività principale. Nell'ambito dei Paesi extra-europei, quote significative di trasferimenti sono orientate verso l'India (8,7%), gli Stati Uniti e il Canada (5,7%) e la Cina (5,6%).
Differenziando le imprese industriali da quelle attive nei servizi si sottolinea per le prime la destinazione cinese per l'attività principale di produzione di merci (10,4%) e, per le seconde, quella indiana per le funzioni aziendali di supporto come i servizi informatici e di telecomunicazione (36,3%) e le attività di ricerca e sviluppo (20,3%).
Soprattutto le grandi imprese interessate alla delocalizzazione in Italia
Nello stesso periodo, oltre 1.000 imprese (pari al 5,0% delle grandi e medie imprese industriali e dei servizi) hanno trasferito in Italia attività o funzioni aziendali precedentemente svolte all'interno dell'impresa. Anche in questo caso, come per l'internazionalizzazione, sono maggiormente le grandi imprese (7,4%) e le imprese appartenenti a gruppi (5,8%) a trasferire attività al di fuori dell'impresa stessa. Nell'industria, il 55,4% delle imprese dichiara di aver delocalizzato l'attività principale e il 64,5% le attività di supporto; percentuali che sono rispettivamente pari a 35,7% e 97,3% nei servizi.
Determinante la politica economica per il rientro in Italia della produzione
Solo lo 0,9% delle imprese ha dichiarato di aver trasferito in Italia, nel triennio 2015-2017, attività precedentemente svolte all'estero.
Potrebbero influenzare in modo determinante il trasferimento in Italia di funzioni svolte all'estero, nel periodo 2018-2020, la riduzione della pressione fiscale (l'84,5% delle imprese), politiche per il mercato del lavoro (79%), politiche di offerta localizzativa (75,5%) e incentivi per l'innovazione, Ricerca e Sviluppo (70,9%). Sono altrettanto importanti, per le imprese industriali, finanziamenti per l'acquisto in macchinari (76,9%), e per le imprese attive nei servizi politiche per l'offerta di lavoro qualificato, per esempio "technology skilled workers".