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29/05/2019

economia

Scenario di ripresa: facciamo un test allo stress

Chauchat (Dorval AM): le borse mondiali presentano valutazioni eque, pur di fronte a una crescita economica resiliente ma non ancora in ripresa e rischi politici e commerciali in forte aumento

L'aumento a sorpresa dei dazi doganali americani dal 10% al 25% su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi e la minaccia di un'estensione a tutte le importazioni provenienti dalla Cina hanno logicamente turbato i mercati finanziari.
Attesa da tutti per l'estate, la firma dell'accordo commerciale fra Cina e Stati Uniti viene ora rimessa in discussione. La Cina si preoccupa di un accordo che ne limiti eccessivamente la sovranità, mentre Donald Trump teme che una rapida intesa sia percepita dall'elettorato come un segno di debolezza su una questione strategica.
Le ritorsioni della Cina sulle importazioni americane e la possibile estensione dei dazi USA ai beni di consumo, fra cui numerosi prodotti a stelle e strisce fabbricati in Cina, rappresentano una minaccia per Wall Street.
Inoltre, Donald Trump può dichiarare guerra anche all'UE. Le ultime notizie sul commercio riducono quindi la probabilità di una ripresa dell'industria mondiale, dopo 16 mesi di rallentamento.
Questa raffica di cattive notizie deve però essere contestualizzata.

Dopo 18 mesi di guerra commerciale, gli investitori non sono più così impressionabili. Sanno bene come, all'epoca delle violente dichiarazioni di Trump sul NAFTA, la montagna avesse partorito un topolino e vedono che i negoziati fra i due giganti non si sono interrotti. Inoltre, essendo in gioco la rielezione di Trump, è lecito dubitare che gli Stati Uniti siano disposti a pagare un prezzo economico elevato.
L'impatto macro e microeconomico di questa guerra è limitato. L'asse commerciale USA-Cina riguarda appena il 3,5% degli scambi globali e gran parte della produzione delle multinazionali americane è situata al di fuori degli Stati Uniti.
Sicuramente l'inflazione USA aumenterà un po', ma questo fenomeno temporaneo non impedirà alla Fed di mantenere un orientamento accomodante che limiterà i danni sui mercati finanziari.
Infine, le ultime statistiche su PIL e consumi nei G20 preludono piuttosto alla sospensione delle revisioni al ribasso della crescita 2019. Come sempre, la brusca inversione delle borse dovrebbe riaccendere l'eterno dibattito sulle valutazioni azionarie.
Warren Buffet suggeriva di recente che le quotazioni sono ancora molto interessanti, dati i tassi di interesse a lungo termine ai minimi.

Tuttavia, negli ultimi 20 anni la tendenza al ribasso dei rendimenti obbligazionari non ha prodotto alcuna tendenza al rialzo dei P/E. Al contrario, secondo gli uccelli del malaugurio, l'elevato livello del P/E corretto per il ciclo (P/E di Shiller) dell'S&P 500 sarebbe un segno nefasto. Ma al di fuori degli Stati Uniti il P/E di Shiller è ancora basso, un elemento che affievolisce la tesi a favore di una generale sopravvalutazione dell'azionario globale.
Il nostro giudizio resta invariato: le borse mondiali presentano valutazioni eque. A fronte di valutazioni normali, una crescita economica resiliente ma non ancora in ripresa e rischi politici e commerciali in forte aumento, abbiamo recentemente ridotto la nostra esposizione azionaria, in particolare ai titoli ciclici.
Inoltre, finché permarranno le incertezze sul commercio, le small cap continueranno a offrire un premio di liquidità, in assenza di un ritorno dei flussi di investimento.
Tuttavia, ci teniamo pronti ad adeguare sostanzialmente i nostri portafogli in funzione delle notizie economiche e commerciali, o qualora Wall-Street scendesse tanto da suscitare una reazione politica della Federal Reserve o dell'amministrazione americana, o di entrambe.




François-Xavier Chauchat, Chief Economist di Dorval Asset Management


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