Galmarini (Assifact): il factoring è un'attività economica e non finanziaria
La cessione del credito è a tutto vantaggio delle imprese che vedono rientrare liquidità in tempi certi e costi contenuti. Un mercato che cresce del 100% in 10 anni
Il factoring è una componente importante per molte aziende, dalle grandi alle PMI. Un settore che sta andando molto bene e che opera in un contesto diverso da quello bancario, poiché agisce su cessione di credito e non su finanziamenti. Prova ne sia il reverse factoring. E adesso Assifact avanza delle proposte per migliorare l'attività del comparto e a vantaggio delle imprese. Ne abbiamo parlato con Fausto Galmarini, Presidente Assifact.
Chi utilizza il factoring e perché?
Tipicamente chi vi ricorre è l'azienda manifatturiera, che fa fornitura e presuppone il pagamento di questa attraverso mezzi - in questo caso - di cessione del credito. Se andiamo a guardare i volumi, vediamo che le grandi imprese sono più presenti delle PMI. Se andiamo a vedere invece in termini di "teste", cioè quanti ricorrono al factoring, sono più le piccole e medie che non le grandi. I numeri sono diversi, ma chi ricorre alla cessione del credito sono chiaramente le PMI.
E' anche una questione di costi?
Si, poiché noi abbiamo una rischiosità più bassa del sistema bancario e conseguentemente possiamo applicare dei prezzi su tagli medio-piccoli che sono più bassi di quelli delle banche.
Se addirittura facessimo riferimento ai costi delle aperture di credito su conto corrente, abbiamo un prezzo che è molto più basso, circa un terzo o un quarto.
Come sta andando il mercato?
Nel 2018 abbiamo avuto un turnover, la sommatoria di quanto abbiamo acquisito, che è stato superiore a 240 miliardi di euro, con una crescita dell'8,32% su anno. Abbiamo una crescita anche di "outstanding", cioè crediti che a fine anno erano ancora da incassare, nell'ordine dell'8% circa, e la stessa cosa sul finanziato, cioè quanta parte del credito che andiamo a finanziare abbiamo incassato. Più o meno noi finanziamo l'80% del credito ed è questo che ci dà anche una valvola di sfogo e una rischiosità molto più bassa, poiché una parte del credito non viene finanziata.
Per quanto riguarda il trend evolutivo negli ultimi 10 anni, abbiamo avuto una crescita esponenziale, poiché nel 2007 avevamo 120 miliardi di turnover e siamo ora arrivati a 240, in periodi molte volte negativi di congiuntura economica. Questo vuol dire che la nostra operatività prescinde dal fatto che sia ciclica.
Siamo anzi un prodotto anticiclico, che può essere d'aiuto all'economia reale anche nei periodi negativi dell'economia.
Questo ha consentito a tutte le PMI negli ultimi 10 anni di aver comunque credito quando le banche, più o meno, abbandonavano le imprese.
Rimanendo sulle PMI, perché è importante il reverse factoring?
Si chiama reverse perché la richiesta a noi la fa non chi ha il credito da cedere, ma chi deve pagare la fattura, quindi il debitore. Quest'ultimo, normalmente, se grande azienda, ha una pletora di fornitori e una serie di attività burocratiche e amministrative da svolgere. Utilizzando una piattaforma, spesso di natura tecnologicamente evoluta, c'è un caricamento di dati da parte dell'azienda e a cascata abbiamo l'elenco dei fornitori. Noi possiamo avvicinarli chiedendo loro se vogliono esser pagati prima e, in caso di risposta positiva, facciamo la cessione del credito a valle e non a monte. Sapendo e avendo la certezza che il credito sarà pagato, poiché te lo dice il debitore che lo farà - e noi lo testiamo e valutiamo -, chiaramente possiamo finanziare in termini molto rapidi di tempo e di prezzo, perché utilizziamo quella che si definisce "probabilità di default" del debitore e non quella del cedente credito, che magari è piccolo o medio e non ha un rating eccessivamente buono.
Il problema della Pubblica Amministrazione e la mancata cessione del credito.
La PA è un fattore di rischio per noi non tanto in ordine di credito, ma di termini di incasso. Questo perché notoriamente paga in termini molto più lenti di qualsiasi altra entità. In Italia il B2B vede termini di pagamento medio di 56 giorni. La PA raggiunge i 104 giorni, il doppio. Se paragonassimo questi tempi con quelli europei vedremmo che la nostra situazione di fondo è notevolmente peggiore.
Che cosa si verifica poi nel pubblico? Al di là che paga male e in ritardo, per evitare che chi acquisisce il credito - intermediario o banca - possa fare un'azione legale anche per recuperare anche gli interessi di mora, la PA fa sì che alla firma del contratto o alla notifica della cessione, possa rifiutare la cessione del credito. In questo modo, il rapporto tra fornitore e debitore rimane tale e chi fa factoring è solo un intermediario che a quel punto non può far valere la forza contrattuale che ha evidentemente il debitore.
Factoring: attività economica o finanziaria?
Noi abbiamo detto più volte e in ambiti diversi (banca d'Italia, BCE, EBA.
..), che la nostra operatività non si estrinseca in una concessione di un finanziamento, per il quale sono perfettamente d'accordo che dopo 90 giorni di un mancato pagamento ci sia l'insorgere di una insolvenza. Lo dice la storia e lo dicono i dati.
Nel nostro caso, il non pagamento a 90 giorni di una fattura non rappresenta un default vero perché, lo dice la statistica, noi vediamo che quelle fatture spesso e volentieri vengono poi pagate entro l'anno. Per cui è come dire: ti obbligo ad individuare un default in maniera automatica, quando in default quella posizione ci andrà relativamente poco o quasi mai.
La differenza è che noi siamo a metà strada in una transazione commerciale tra il fornitore e il suo debitore. Ma siamo, appunto, all'interno della transazione commerciale: trattiamo il pagamento di una fattura e non un finanziamento con le scadenze patuite in un contratto.
La differenza è sostanziale perché determina una rischiosità che in un caso è evidente mentre nell'altro non lo è. Questo cerchiamo di portarlo in tutti i contesti perché chiaramente la normativa bancaria calata a noi purtroppo ci penalizza e non poco, poiché ci fa considerare default, con gli assorbimenti di capitale, quello che tale non è.
In sintesi, che differenza c'è con gli NPL?
Sostanzialmente si pensava che il factoring, tempo fa, fosse il recuperatore del credito. In realtà, il factoring acquista un credito, lo gestisce, e lo recupera anche. Non nasce per recuperare il credito "non performing". La differenza è che un credito nostro è un credito nascente da una fornitura, un NPL nasce da un contratto di finanziamento non onorato. Sono due variabili estremamente diverse, che fanno sì che il mio credito nasce "performing", mentre l'altro viene ceduto perché "non performing". Entrambi sono oggetto di recupero, ma io lo faccio perché acquisto il credito e quindi lo devo recuperare. L'altro lo fa perché è l'unica possibilità per recuperarlo, ma non lo gestisce, nel senso che ce l'ha "in pancia" e lo deve recuperare.
Assifact ha fatto una serie di proposte per migliorare l'operatività del settore e a vantaggio delle imprese. Potrebbe farne una sintesi?
Da una parte queste proposte riguardano quello che è un problema per noi: se il debitore propone il rifiuto della cessione è chiaro che noi non abbiamo capacità di finanziare in maniera efficace chi ha questo tipo di esigenza.
Noi non siamo banche che possono fare l'anticipo della fattura, ma coloro che acquisiscono il credito nascente da una fattura.
La seconda cosa che portiamo avanti è lo snellimento del Codice degli appalti, laddove oggi si presuppone - per esempio nel pubblico - che si debba fare la cessione notificandola tramite ufficiale giudiziario. Vorremmo fare ciò che è previsto nel privato, dove la notifica avviene per raccomandata o PEC, che è una posta elettronica legalmente riconosciuta.
E poi, parlando di infrastrutture, prescindere che il collaudo determini la certezza del credito, poiché se uno stato avanzamento lavori viene certificato da chi ha verificato i lavori, mi chiedo perché il credito sia riconosciuto solo in presenza di collaudo. Questo significa mettere in discussione tutto ciò che è stato fatto prima. Se io ho anticipato un credito nascente non da un collaudo ma da uno stato avanzamento lavori, mi potrebbe esser richiesto un domani di rimborsare quel credito.
Un'altra cosa molto importante riguarda l'aspetto normativo. Chiediamo di riconoscere nella nostra attività non una attività non bancaria, distinguendola dalla relativa normativa.
Se questo avverrà, per esempio nel pubblico, e nel 2021 avessimo la normativa così come oggi, probabilmente l'attività verso la PA non la potrà fare più nessuno. Questo perché molti crediti sono già scaduti quando vengono ceduti, e ciò significa che ho una ponderazione di capitale molto elevata, la necessità di fare accantonamenti su una rischiosità che non è tale, ma presuppone il fatto che chiunque fa questo business pro e contro e dica: "non i interessa più".
Abbiamo oggi circa 12 miliardi di credito verso il pubblico che domani potrebbero essere negati a chi in realtà li ha da riscuotere. E vuol dire 12 miliardi in meno all'economia reale.
Come vivete l'avvento del Fintech?
E' chiaro che il Fintech è innovazione in tutti i sensi, in questo caso applicato al finanziamento, la tecnologia che sposa la parte finanziaria.
Io la vedo molto positivamente poiché tutto ciò che serve ad innovare, digitalizzare, migliorare il processo, l'elaborazione e il trattamento dei dati, non può essere che d'aiuto anche a noi per fare la nostra operatività in termini di tempi molto più spediti e ragionevoli, per fornire un prodotto che sia sempre migliore per chi lo utilizza.
Non vedo una preoccupazione perché noi di fatto serviamo clienti in maniera revolving, che significa ricorrenti. Al Fintech si rivolgono quegli utenti che per le società di factoring non avrebbero grande appeal poiché sono piccoli o presentano una fattura all'anno. Non è questo il nostro business. Però con la piattaforma, chi ha bisogno per una fattura o di un piccolo importo può farvi ricorso. Come avevo rappresentato in occasione di qualche incontro, vedo il fintech molto buono sotto il profilo pro-solvendo, quindi di chi vuol fare l'anticipo fattura, ma sotto il profilo di cessione di credito e copertura del rischio credo che gli operatori Fintech siano in difficoltà a fare questa operatività.
Possono esserci eventuali merger tra le aziende di factoring e le Fintech?
Ritengo di sì. O un'azienda si dota di una infrastruttura autonomamente oppure la acquisisce, quindi questo è abbastanza plausibile. Ne prendo una già formata e a regime.